martedì 22 gennaio 2013
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​Stop agli avanzamenti di carriera per l’impiegato pubblico che usufruisca del congedo straordinario per assistenza a familiare con grave handicap. I periodi di permesso, infatti, sono pienamente utili ai fini della pensione, ma non anche della progressione economica. Lo ha precisato il dipartimento di funzione pubblica della presidenza del consiglio dei ministri nella nota protocollo n. 2285/2013, in risposta al Miur (ministero dell’istruzione) che aveva appunto chiesto chiarimenti sugli effetti che le assenze a tale titolo producono sulla maturazione dell’anzianità di servizio.Il congedo in questione è quello cosiddetto straordinario. Disciplinato dal Tu sulla maternità (dlgs n. 151/2001), spetta al coniuge del soggetto affetto con handicap grave ovvero, nell’ordine, al padre o alla madre anche adottivi; a uno dei figli conviventi; oppure a uno dei fratelli o sorelle conviventi, nelle ipotesi di mancanza, decesso o invalidità del soggetto avente diritto più prossimo al disabile (cioè spetta al padre o alla madre se manca il coniuge; spetta al figlio se manca il coniuge e il padre a la madre; e via dicendo). Il congedo spetta per un periodo massimo di due anni nell’arco della vita lavorativa, per ciascun soggetto disabile al quale si presta assistenza. Il lavoratore che ne fruisca ha diritto a percepire un’indennità pari all’ultima retribuzione, ed il periodo è coperto da contribuzione figurativa. Indennità e contribuzione figurativa spettano fino a un importo complessivo massimo di euro 46.836 annui (importo valido per l’anno 2013, rivalutato annualmente in base all’Istat).La Funzione pubblica, prima di tutto, fa presente che già con circolare n. 1/2012 aveva spiegato che i «periodi di congedo straordinario non sono computati ai fini della maturazione di tredicesima, ferire, trattamento di fine rapporto (Tfr) e trattamenti di fine servizio (Tfsc), ma, essendo coperti da contribuzione, sono validi ai fini del calcolo dell’anzianità». Ciò sta a significare, precisa adesso, che il periodo di congedo deve essere riconosciuto utile sia ai fini dell’anzianità di servizio valevole per raggiungere il diritto a pensione che per la misura stessa della pensione. Tuttavia, poiché si tratta di diritti scaturenti dall’istituto della contribuzione figurativa, praticamente trovano validità soltanto per i lavoratori del settore privato, atteso che per i pubblici dipendenti la contribuzione è connessa alla retribuzione effettivamente versata dal datore di lavoro. Lo stesso congedo, invece, è previsto che non sia computabile nell’anzianità di servizio, laddove per anzianità di servizio non si  intende quella ai fini previdenziali. In conclusione, i periodi di fruizione del congedo straordinario sono validi ai fini pensionistici, ma non ai fini della progressione economica. Tale conclusione, aggiunge la Funzione pubblica, è confermata dalla considerazione che, di regola, i periodi rilevanti ai fini delle progressioni economiche presuppongono un’attività lavorativa effettivamente svolta, che porta a un arricchimento della professionalità e a un miglioramento delle capacità lavorative del dipendente, situazione che non ricorre nel momento in cui il dipendenti si assenta dal servizio e non svolge la propria attività lavorativa.

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