sabato 25 settembre 2021
Per il ministro dell’Economia il problema sarà mantenere un livellodi crescita costante nei prossimi anni dopo decenni di stagnazione: «Il Pnrr non è la bacchetta magica»
Il ministro dell'Economia Daniele Franco

Il ministro dell'Economia Daniele Franco - Ansa

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La ripresa è più forte del previsto e questo incide in maniera positiva sui conti pubblici. Il ministro dell’Economia Daniele Franco intervenendo ad un convegno sul Piano nazionale di ripresa e resilienza a Lecce ha sfoderato un leggero ottimismo. «Il debito pubblico sarà meno di quanto si attendeva, per tanti motivi, ma anche perché l’economia va meglio» ha detto. Gli ultimi dati di Bankitalia, relativi al mese di luglio, lo hanno quantificato in 2725 miliardi di euro, in aumento in un solo mese di 29 miliardi, ma nell’ultima parte dell’anno secondo gli analisti dovrebbe iniziare una lenta discesa. Il debito ha avuto un’impennata legata ai costi aggiuntivi prodotti dalla pandemia: nel 2020 è cresciuto di 163 miliardi, facendo salire al 155% il rapporto con il Pil. A conti fatti però, secondo Franco, è andata meglio del previsto. Ad incidere in maniera positiva nei prossimi mesi sarà la spinta della crescita, superiore alle attese. Il governo indicherà la prossima settimana la nota di aggiornamento al Def, rivedendo al rialzo – come del resto ha fatto l’Ocse pochi giorni fa – le cifre rispetto alle stime della scorsa primavera. «Quest’anno cresceremo circa del 6%, l’anno prossimo almeno del 4%. Sono tassi di crescita molto elevati, anche più elevati di quelli che ci aspettavamo. Ma l’anno scorso abbiamo perso nove punti di Pil. Torniamo a malapena dove saremmo stati» ha spiegato il ministro. Questi dati però, che vedono l’Italia "doppiare" la Germania, vanno contestualizzati. Il problema sono i decenni di scarsa crescita che non si archiviano in un paio d’anni. «Il vero test è la crescita del nostro Paese dopo questa fase di recupero. Siamo usciti da circa un quarto di secolo di crescita molto modesta, inferiore a quella del resto dell’area dell’Euro. Il nostro problema è crescere stabilmente più di quanto siamo cresciuti in passato» ha aggiunto il responsabile del Mef. Il Pnrr è uno strumento che l’Italia deve utilizzare nel miglior modo possibile proprio per colmare questo gap. «Abbiamo investito poco, il 19% del Pil. Studiamo poco: abbiamo tassi di giovani che si diplomano e laureano inferiori ai tassi degli altri paesi – ha detto il ministro –. Spendiamo poco per ricerca, abbiano tassi di occupazione bassi: il 33% rispetto all’81% della Germania e al 72% della Francia. Il nostro problema è affrontare questo e il piano può essere uno degli strumenti importanti. Non è la bacchetta magica, dobbiamo attuarlo bene ma serve anche altro». Innanzitutto uno sforzo di coesione tra tutti i livelli di governo per centrare i 51 obiettivi del Pnrr. «Bisogna essere consapevoli che in questo percorso da qua al 2026 gli ostacoli e le difficoltà saranno enormi. E serve uno sforzo a tutti i livelli di Governo. Anche da parte di Regioni, Province, Città metropolitane, Comuni» ha aggiunto Franco. Occorre uno sforzo per progettare e valutare gli interventi tenendo conto dei paletti fissati dalla Commissione europea. «Abbiamo una pubblica amministrazione dove il tema essenziale è la regolarità amministrativa: chiunque ci lavori deve pensare alla sua sicurezza sotto il profilo giudiziario, però il piano è fondato sul conseguimento dei risultati. Bisogna conciliare i due aspetti – ha sottolineato –. Non vuol dire tana libera tutti, ma trovare una conciliazione non sarà facile. Lo stiamo vedendo sia a livello di ministeri che di altri enti. È una sfida soprattutto organizzativa». Un’altra raccomandazione arrivata dal ministro dell’Economia è quella di non creare un corto-circuito con gli altri investimenti, che devono comunque andare avanti.

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