martedì 5 dicembre 2017
Per Tommaso Aiello, ideatore della Borsa del placement e di quella della ricerca, c'è ancora poco dialogo tra imprese, soprattutto micro, e Università
«Formazione e lavoro, servono più momenti di incontro»
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«Il mondo del lavoro sta cambiando in quello che ci sarà tra tre anni: serviranno dei laureati che oggi non ci sono. Dunque è il momento che Università e imprese programmino il raccordo per il lavoro che cambia». Lo sostiene Tommaso Aiello, direttore generale di Fondazione Emblema e ideatore della Borsa del placement.

Durante il Forum dell'evento, che si è svolto a Napoli ed è giunto all'XI edizione, è stato presentato anche il tour della Borsa della ricerca per diffonderne le finalità e valorizzare le potenzialità dell'iniziativa per gruppi di ricerca, spin off e imprese. L'evento si terrà in dieci regioni italiane, in vista della prossima edizione del Forum che si terrà a Salerno dal 22 al 24 maggio 2018: un "laboratorio" nazionale sulla ricerca e sul trasferimento tecnologico, durante il quale Università e impresa dialogheranno non attraverso i convegni, ma organizzando incontri individuali.

La Borsa del Placement a Napoli ha superato i mille colloqui in un solo giorno e registrato il record assoluto mai toccato nelle precedenti dieci edizioni: si tratta dunque di un indicatore importante. «Fra gli enti partecipanti - spiega Aiello - abbiamo ricevuto più di 50 aziende e 30 Università, con delegazioni proveniente da 18 regioni. Non esiste niente del genere in Italia. Siamo stati l’hub dell’incontro tra il mondo dell’alta formazione e quello del lavoro. La tre giorni di Napoli è diventa centrale a livello nazionale. Purtroppo le micro aziende non dialogano con gli Atenei. In molti casi non conoscono il placement e non lo ritengono utile».


La Borsa del Placement 2017, tuttavia, ha visto una conferma anche nella giornata di colloqui di 100 giovani candidati selezionati e con caratteristiche di eccellenza: dal voto di laurea alla conoscenza dell’inglese e alle competenze informatiche.

Le 11 edizioni organizzate fino a oggi dimostrano l’attualità e importanza del rapporto fra mondo accademico e azienda. La Borsa del Placement è l’unico evento in Italia che fa incontrare gli uffici placement delle Università con i selezionatori e responsabili delle risorse umane. «Il format - continua l'ideatore - è piuttosto semplice: tutti i delegati, nelle settimane precedenti, lavorano sul portale dedicato, per presentarsi e decidere chi vogliono incontrare. Il cuore della Borsa sono gli incontri one to one che vengono organizzati nella seconda giornata: circa 800 appuntamenti a Forum, più di 10mila da quando è nata la Borsa. Il placement dovrebbe essere elemento centrale per tutti quelli che si occupano della transizione studio-lavoro. Purtroppo a livello di sistema manca un’idea chiara di cosa debba essere il placement, non vi è alcun raccordo tra i vari step della formazione, non ci sono investimenti reali da parte di istituzioni e Università».

Un placement efficace e diffuso, che punti sull’orientamento dei ragazzi più che sul mero collocamento, invece, significherebbe avere giovani più motivati e consapevoli nella scelta degli studi, più laureati e con migliore “occupabilità”, meno dispersione e abbandoni, più competitività delle imprese che potrebbero contare su maggiori risorse umane qualificate. Con l’indagine promossa da Fondazione Emblema in collaborazione con Laborplay dedicata a Il fattore umano: competenze, soft skills e occupazione, si è voluta indagare l'importanza delle caratteristiche personali nel processo di selezione dei neolaureati, per intraprendere delle azioni più efficaci nelle attività di orientamento al lavoro verso i laureandi: questo perché l’indagine è da considerare in parallelo alla missione di Emblema, allineare il mondo della formazione, soprattutto l’alta formazione, e quello delle imprese.

«In merito al campione - sottolinea il dg - c’è una novità sensibile rispetto ad altre indagini condotte in Italia. La scelta precisa è di avere una distribuzione nelle dimensioni delle aziende che sia in linea con le statistiche Istat sugli occupati. La conseguenza immediatamente conseguente è che, avendo noi un tessuto di micro imprese, quasi la metà di quelli che hanno compilato l’indagine non sono selezionatori professionisti, ma persone che, nella loro piccola realtà, fanno selezione quando serve».

Sicuramente è interessante notare come quasi la metà delle micro imprese intervistate non ha alcuna relazione con gli uffici placement e li ritiene in generale poco utili. Mentre i curriculum fuori target sono oltre il 60%. Questo vuol dire che troppo spesso i ragazzi mandano cv a casaccio senza un’effettiva consapevolezza dei requisiti. Inoltre si affronta un colloquio con poca conoscenza dell’azienda.

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