lunedì 27 maggio 2019
Guzzetti e Bazoli rilanciano la sfida per un capitalismo dal volto umano. I corpi intermedi sono «anticorpi morali e culturali»
Giuseppe Guzzetti e Giovanni Bazoli con i fotografi senza-tetto (Fotogramma)

Giuseppe Guzzetti e Giovanni Bazoli con i fotografi senza-tetto (Fotogramma)

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Un capitalismo dal volto umano è possibile. Basato su due pilastri: giustizia e solidarietà. Dove un ruolo centrale, accanto a quello dello Stato, lo giocano i cosiddetti corpi "intermedi" cioè tutte quelle realtà associative che lavorano per il bene comune. Giuseppe Guzzetti, nella sua ultima uscita da presidente della Fondazione Cariplo e Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa-SanPaolo, in occasione della presentazione della mostra «13 storie dalla strada. Fotografi senza fissa dimora» alle Gallerie d’Italia di Milano hanno dialogato, «intervistati» dal direttore di Avvenire Marco Tarquinio, sul futuro del Paese. Alla luce del verdetto delle elezioni europee, che ha segnato un argine all’avanzata dei sovranisti in Europa ma anche il trionfo della Lega, ma soprattutto nell’ottica di lanciare un messaggio di speranza. Che parta dall’esperienza tutta italiana del prendersi "cura" degli altri, mettendo al centro le persone. Dando un volto agli ultimi. Un’esperienza che Guzzetti, che ieri ha compiuto 85 anni e si appresta a lasciare il testimone – oggi verrà eletto il nuovo presidente, Giovanni Fosti è il successore designato –, ha portato avanti in oltre 22 anni di guida della Fondazione Cariplo. Con oltre 30mila progetti finanziati, dall’housing sociale all’inserimento lavorativo al welfare di comunità, e 3 miliardi investiti nelle attività sociali. «Si rincorre lo sviluppo economico e ci raccontano che risolverà i problemi sociali ma la Fondazione Cariplo dice il contrario: in questo modo si allarga il divario, si emargina sempre più» ha detto Guzzetti, sottolineando come la Fondazione «abbia sempre cercato di dare risposte ai bisogni, di offrire un’occasione, far crescere la speranza, ma il volontariato e il Terzo settore non suppliscono lo Stato che deve dare sua parte». Da parte sua Bazoli, classe 1932 e una profonda convinzione del ruolo sociale della banche, ha sottolineato come le fondazione bancarie, istituite nel 1990 dalla legge Amato, siano «una realtà che non ha paragoni in Italia», per l’impegno nei confronti delle categorie più svantaggiate, e che oggi più che mai servono «anticorpi morali ma anche culturali» per costruire una società più giusta. Di una "guerra" contro la solidarietà e le sue reti ha parlato Guzzetti, auspicando che la politica comprenda e sostenga il ruolo dei corpi intermedi invece di denigrarli soprattutto quando si parla accoglienza degli immigrati. «Un deriva di delegittimazione – ha detto il presidente di Fondazione Cariplo –. Non funziona il rapporto Stato-Mercato: dammi i voti che ci penso io. Il terzo settore è una presenza indispensabile nel settore democratico». E le esperienze ci sono a tutti i livelli, anche di welfare aziendale, con Luxottica e Ferrero che ad esempio hanno fatto da apripista, che non guarda solo ai dipendenti ma alla comunità. Perché la solidarietà si costruisce dai territori, aiutando i vicini di casa. Un’economia nuova insomma è possibile, basata non sul profitto e sullo scarto, ma sulla condivisione. È il messaggio di speranza che arriva da Papa Francesco, come ha ricordato Tarquinio. Il Papa ha lanciato un appello ad imprenditori ed economisti a ritrovarsi ad Assisi, nel marzo del 2020, per costruire una società più giusta ed equa. In poche settimane sono arrivate già mille adesioni. La strada, insomma, è tracciata.

La mostra. Un viaggio lungo un anno nell’universo della Fondazione Cariplo condotto da 13 fotografi senza fissa dimora. La mostra ospitata alle Gallerie d’Italia di Milano, sede museale di Intesa SanPaolo, sarà aperta al pubblico da oggi al 1 settembre. Curata da Dalia Gallico nasce dalla collaborazione con l’associazione Ri-scatti onlus che porta avanti progetti di integrazione sociale attraverso la fotografia. La mostra nasce dai workshop per persone senza fissa dimora. A 13 di loro è stato chiesto di documentare la realtà della Fondazione. Si tratta di 52 immagini inedite scelte tra i quasi 10mila scatti che gli autori hanno realizzato nel corso di un anno fotografando 13 progetti: un orto urbano, il volto di una scienziata, un appartamento dove vivono ragazzi disabili. il volo di un acrobata, il sorriso di un bambino. Una prospettiva che ha unito l’atto del raccontare a quello del raccontarsi: oltre alle immagini vengono proiettate le video-interviste ai fotografi. «Un passaggio importante, il segno di una ritrovata autostima e consapevolezza delle proprie capacità» ha sottolineato Federica Balestrieri, fondatrice di Ri-scatti.

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