giovedì 16 giugno 2022
Sono queste le principali sfide di Unaitalia: 6mila allevamenti professionali e 64mila addetti. Difficoltà a trovare personale. Protocollo d'intesa con il Banco alimentare
Un allevamento di polli

Un allevamento di polli - Archivio

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Sostenibilità e aiuto concreto alle famiglie. Sono queste le principali sfide di Unaitalia, l’associazione che rappresenta oltre il 90% della produzione avicola nazionale: 6mila allevamenti professionali e 64mila addetti (38.500 nella fase di allevamento e 25.500 addetti alla trasformazione). Nonostante i primati e l’anticiclicità del settore, la filiera ha bruciato oltre 800 milioni di euro in un anno, di cui 450 solo nella fase agricola. È l’impatto che la crisi internazionale, il rialzo dei prezzi delle materie prime e dell’energia e gli effetti della guerra hanno avuto sull’avicoltura italiana, evidenziati durante l’assemblea nazionale che si è tenuta oggi a Roma, alla presenza delle principali associazioni agricole e del mondo della cooperazione. «Sui prezzi delle materie prime – spiega il presidente di Unaitalia Antonio Forlini – dobbiamo però essere chiari: oltre che ad aumenti derivanti dal conflitto Russia-Ucraina, dalla corsa all’approvvigionamento preventivo da parte della Cina e alle difficoltà di produzione legate ai cambiamenti climatici, siamo di fronte a dinamiche speculative, in atto da quasi due anni, che devono essere fermate. I cambiamenti dello scenario mondiale, a livello sanitario, politico ed economico ci stanno insegnando l’importanza della sovranità alimentare e dell’accesso al cibo. E che non possiamo più dare per scontata la nostra autosufficienza, oggi al 108,4%. Occorre perciò abbandonare le logiche del passato in un’ottica strategica di medio lungo periodo, che significa limitare la dipendenza dall’estero e garantire la nostra capacità produttiva, mettendo in campo tutti gli strumenti possibili, dal Pnrr alla Pac, alle nuove tecnologie. Ma anche procedere verso una graduale transizione green che miri a una sostenibilità durevole ed efficace guardando anche agli aspetti economici e sociali». L’avicoltura, unica filiera zootecnica totalmente autosufficiente, a esclusione del solo approvvigionamento delle materie prime per la mangimistica, è tra i settori più colpiti dai rincari: nel I trimestre 2022, a fronte di un aumento generalizzato dei costi agricoli del 18,4%, la carne avicola ha registrato incrementi dei costi produttivi del 21,1% per la carne e del 50% per le uova (dati Ismea). A incidere maggiormente è il costo dei mangimi, che assorbono il 60% dei costi di produzione, aumentati del 33% nel I trimestre 2022 e di un ulteriore 40% ad aprile su base annua. In particolare, solo ad aprile 2022 il mais è cresciuto del 59%, la soia del 15% e l’orzo del 90%. Criticità queste, che si inseriscono in uno scenario sempre più complesso, caratterizzato dall’uscita dalla fase pandemica e dai problemi di approvvigionamento e logistici a livello mondiale, e dagli effetti indiretti della guerra in Ucraina. Complessivamente il settore vale 5,9 miliardi di euro (4.830 milioni per le carni e 1.070 milioni per le uova). In ripresa l’export delle carni (+8,3%), soprattutto il pollo, passato a 131mila tonnellate (+12,2%). La filiera guarda al futuro e punta alla digitalizzazione, all’innovazione e alla sostenibilità. In cinque anni sono previste oltre 6mila assunzioni. «Abbiamo bisogno di personale, anche per una questione di ricambio generazionale – sottolinea Forlini -. Purtroppo mancano le competenze di cui le imprese hanno necessità. Sono nate collaborazioni con diverse Università, in particolare su temi che riguardano la sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile. Spesso, però, gli italiani rifiutano le nostre offerte: dovremmo formare e integrare i migranti. Proprio per sopperire al disallineamento tra domanda e offerta, molte aziende hanno istituito le loro Academy». Mentre con l’inflazione (+6,2% ad aprile su base annua), solo il 2% degli italiani sembra disposta a svuotare il carrello della spesa, ma il 90% è spaventato dall’aumento dei prezzi di prima necessità tanto che il 70% punta a evitare gli sprechi di cibo (dati Ismea). In quest’ottica Unaitalia e Banco Alimentare si sono uniti per dare un aiuto concreto alle famiglie. «Il nostro settore vuole continuare ad assicurare cibo sano e accessibile a tutti – dichiara il presidente di Unaitalia – ed è impegnato nel declinare con atti concreti la responsabilità sociale di impresa. Per questo ci impegniamo oggi a sottoscrivere con Banco Alimentare un protocollo per favorire meccanismi di collaborazione per la donazione dei nostri prodotti a chi è in difficoltà, rafforzando e strutturando una collaborazione già in essere, ma che è nostra intenzione rendere ancora più incisiva». Per Giovanni Bruno, presidente della Fondazione Banco Alimentare, «la critica situazione economica del nostro Paese aumenta in noi la consapevolezza che la sostenibilità – sociale, economica e ambientale - sia un valore che deve crescere di pari passo agli interventi delle istituzioni».

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