sabato 9 maggio 2009
La Germania mantiene i dubbi, ma Marchionne si dice ottimista: i colloqui vanno bene, l’obiettivo è chiudere entro giugno. I sindacati, preoccupati per il destino degli stabilimenti, sollecitano un incontro con l’azienda.
COMMENTA E CONDIVIDI
Trasferta interlocutoria ieri per Sergio Marchionne in Germania nell’ambito delle trattative per l’alleanza con Opel. Dopo l’incontro con l’ad della Fiat il governatore della Renania Kurt Beck quest’ultimo ha e­spresso preoccupazione: «Ci sono pun­ti interrogativi sul piano della Fiat che sono diventati ancora più grandi dopo il colloquio», ha sottolineato il capo del Land dove ha sede lo stabilimento di Kaiserslautern (3500 dipendenti), rile­vando che Torino «non fornisce una si­curezza sufficiente nemmeno per par­te dell’impianto». Anche dall’Assia giungono segnali di freddezza. Il go­vernatore Roland Koch ha rilevato ieri dopo un incontro che la Fiat non ha da­to nemmeno «uno sguardo ai dati pre­parati per Opel Europe» e ha poi invi­tato il gruppo torinese a presentare in fretta un’offerta. I piani di Fiat su Opel non sono ancora definitivi e la frenata dei governatori te­deschi punta probabilmente a spinge­re il Lingotto a fornire maggiori detta­gli e dare garanzie sul mantenimento delle fabbriche. Non a caso il ministro federale dell’Economia Karl-Theodor zu Guttenberg ha detto ieri che «la Fiat sta ritoccando la sua bozza di piano». Dal canto suo Marchionne non è ap­parso pessimista, ha detto che i collo­qui «vanno bene» ma che «è ancora tut­to da discutere». Il top manager ha ri­marcato però che le trattative in Ger­mania dovrebbero concludersi entro la fine del mese: il 1 giugno scade infatti il termine posto dal presidente Usa Ba­rack Obama alla General Motors – che controlla il marchio tedesco – per pre­sentare il piano di ristrutturazione. L’esito del negoziato resta quindi tutto da scrivere. Ma va considerato che l’u­nica offerta alternativa su Opel, quella del gruppo di componentistica austro­canadese Magna in tandem con i russi di Gaz, non appare solidissima. A me­no che non comprenda altri soci rima­sti per ora «coperti». In Italia la Cgil giudica «intelligente» la decisione della Fiat di mettersi nell’o­perazione con Chrysler e Gm ma chie­de che il governo si convochi «imme­diatamente » le parti per conoscere le intenzioni del gruppo sui risvolti occu­pazionali italiani della trattativa con O­pel, quella che maggiormente può a­vere ricadute sulle fabbriche italiane. Giovedì il ministro dello Sviluppo Clau­dio Scajola aveva preannunciato un vertice ma senza indicare date. Epifani ha lamentato una carenza informativa sulle vicenda e ha invitato Marchionne a presentarsi al tavolo: «Dica a noi quel­lo che sta dicendo anche agli altri, al­trimenti si alimentano sospetti». Anche il leader Cisl Raffaele Bonanni vuole un incontro e propone per gli sta­bilimenti italiani del Lingotto un ripo­sizionamento su produzioni ad alta tec­nologia per evitare il rischio di deloca­lizzazioni in Paesi come la Polonia. In­tanto si profila un fronte sindacale ita­lo- tedesco: il leader dei dipendenti O­pel Klaus Franz ha detto che mercoledì prossimo incontrerà a Francoforte i rappresentanti dei tre principali sinda­cati italiani metalmeccanici per discu­tere dei piani di Fiat sulla controllata tedesca di Gm.Dal tribunale Usa «sì» all'intesa con Chrysler. Il tribunale fallimentare che si sta occupando della procedura di "Chapter 11" avviata per Chrysler ha dato il via libera all’integrazione tra Fiat e la casa automobilistica statunitense. Lo scrive il Wall Street Journal precisando che il tribunale ha stabilito nel 20 maggio il termine per presentare eventuali offerte concorrenti a quella di Fiat, che però fino a oggi non sono arrivate. Dopo l’annuncio di Oppenheimer è arrivato anche quello del gruppo dei "creditori dissidenti" che hanno comunicato di aver rinunciato ad adire le vie legali poiché non dispongono di «massa critica» sufficiente ad andare avanti contro il governo americano.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: