mercoledì 19 settembre 2012
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​INTERVISTA A GIULIANO CAZZOLA«Io credo che il minimo che potesse fare il governo era convocare Sergio Marchionne e chiedergli chiarimenti sulle sue intenzioni. Certo, poi non è che si possa entrare nel capitale o nazionalizzare la Fiat. Però ho trovato sin qui nell’atteggiamento dell’esecutivo una prudenza eccessiva nell’avviare il confronto con Torino, tanto è vero che ora si sono mossi». È l’opinione di Giuliano Cazzola, deputato Pdl della Commissione Lavoro, secondo il quale «la Fiat ha le sue responsabilità» e ora «bisogna rendere trasparenti le sue intenzioni di fronte a tutti gli italiani» perché un suo disimpegno dall’Italia «sarebbe una sciagura».Cazzola, l’hanno convinta le dichiarazioni di Marchionne?Beh, che ci sia la crisi dell’auto è del tutto evidente come dimostra anche il caso Peugeot in Francia. L’Italia è in forte difficoltà ed è difficile immaginare una ripresa del mercato prima del 2014, e nuovi investimenti in questo contesto. Bisogna quindi sforzarsi di comprendere le ragioni di Marchionne. Non va neanche dimenticato che negli ultimi anni si è descritta la Fiat come un gruppo dovei tornava lo schiavismo, un conculcatore di diritti. Quando dice che ha 70 cause in corso con la Fiom segnala una differenza reale, ad esempio, con la Wolkswagen. È vero che in Germania non hanno escluso un sindacato, ma anche perché non si è fatto escludere.Tutto ok da parte del Lingotto?No, perché un abbandono dell’auto in Italia sarebbe una sciagura. E sicuramente Fiat-Chrysler ha la tentazione di porre il suo centro negli Stati Uniti. Detto questo, Monti non ha molte armi a sua disposizione. Se ci sono risorse si può pensare a forme di incentivo e se per superare questo momento c’è bisogno di gestire nuova fase di cassa integrazione o nuovi esuberi va affrontata subito la questione con oggettività e concretezza.INTERVISTA A STEFANO FASSINA«Speriamo che stavolta l’incontro non si concluda con una pacca sulla spalla e la presa d’atto che Fiat è una azienda privata e quindi può fare quel che vuole...». Stefano Fassina, responsabile economico del Pd, commenta a caldo l’annuncio dell’incontro tra Mario Monti e i vertici Fiat auspicando una linea di maggior protagonismo da parte del governo rispetto al passato.Fassina, cosa si attende dal vertice di sabato?«Innanzitutto va fatta chiarezza. Quel che Marchionne dice oggi poteva essere detto allo stesso modo due anni fa quando annunciò il piano. Anche allora non c’era il sole... Si veniva da un anno di dura recessione, la sovraccapacità produttiva era evidente, così come il fatto che il potere d’acquisto delle famiglie non sarebbe cresciuto con le politiche di rigore. Quindi o quel piano di investimenti fu un colossale errore, oppure una strumentale propaganda per marginalizzare il sindacato. Serve chiarezza su questo, perché c’è un problema di credibilità dell’interlocutore. Tra l’altro il vero interlocutore, dal momento che la Fiat non è una public company, è l’azionista. Marchionne è il primo e molto pagato dipendente. Ma in ultima analisi decide chi controlla l’azienda.Ma nel concreto cosa si può fare?Il governo deve sprovincializzare la discussione e portarla a Bruxelles perché la crisi dell’auto riguarda molti Paesi, ed è anche da lì che si deve intervenire. Poi non si può attendere che "passi la nottata", bisogna immaginare dove va il settore: l’auto elettrica è un capriccio delle case estere o una prospettiva seria? Se lo è il governo potrebbe trovare le strade per incentivare la ricerca e l’innovazione, anche con fondi pubblici. Non possiamo permetterci di dire addio al settore auto, lo dice anche Squinzi: eventualmente anche rivolgendoci ad altri produttori.
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