venerdì 1 agosto 2014
A maggioranza, ma il 15% del capitale è contro. Elkann: positivo l'ingresso dei cinesi. Marchionne: salto epocale.
Cosa resta dell'auto in Italia di Giancarclo Galli
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Torino addio. Almeno "giuridicamente". Il futuro di Fiat è ad Amsterdam. E si chiamerà Fca. Una data storica per il Lingotto e la storia dell’automobile italiana. L’assemblea della Fiat ha dato ieri il via libera alla fusione con Chrysler, per dare vita al gruppo tanto voluto dal management per affrontare le nuove sfide globali del mercato automobilistico. Un «salto epocale, un nuovo storico capitolo», non ha nascosto l’Ad Sergio Marchionne. Un passaggio sofferto, forse «inevitabile», ma che ha registrato malumori e recessi, che potrebbero mettere ancora a rischio l’operazione. L’ok dei soci, riuniti per l’ultima volta a Torino, in attesa di spostare la sede del gruppo e delle future assemblee in Olanda, non è stato unanime: a favore si è espresso l’84,2% dei presenti, contro il 15,2% (100,1 milioni di azioni), astenuti il resto. Fiat ha posto la condizione che i recessi «costino» al gruppo un massimo di 500 milioni di euro, riguardando in pratica non più di 65 milioni di azioni, a un prezzo di recesso di 7,727 euro ciascuna. Se si dovesse superare questa soglia la fusione non si farebbe «ma non lo vedremmo come un fallimento», ha detto il presidente John Elkann, «la faremmo tra qualche mese o un anno» ha precisato Marchionne: «Il rischio del recesso c’è ed è totalmente gestibile». Il verdetto si concoscerà entro ottobre, decorso il limite di 60 giorni dopo il deposito del verbale dell’assemblea. La nuova Fca nasce con un consiglio composto da 11 membri, in cui non ci sarà Luca Cordero di Montezemolo. Un board che potrebbe essere chiamato presto, a una ricapitalizzazione.I vertici del Lingotto hanno però colto l’occasione per assicurare ancora una volta che «Fiat non sta lasciando l’Italia». «Soltanto la società holding sarà organizzata ai sensi del diritto olandese – ha ribadito Marchionne che avrà l’ufficio a Londra così come il presidente – le attività italiane e un impegno generale nei confronti del paese rimarranno immutati». A garantire il ruolo degli Agnelli è stato il giovane presidente Elkann: «Voglio qui confermare l’impegno mio personale e della mia famiglia per continuare a sostenere Fca. Oggi inizia il futuro della nostra società vogliamo guardare avanti». «Vogliamo portare la Fiat all’altezza delle sfide più ambiziose», rimbalza Marchionne. C’è la rassicurazione di un impegno nel territorio: «Vogliamo svolgere un ruolo attivo nello sviluppo delle comunità insieme alle quali abbiamo pianificato la nostra crescita». La fusione consente a Fiat di «risolvere il problema» del consolidamento del settore auto. «Altri avranno bisogno di interventi, noi siamo a posto». Rinunciando anche agli incentivi ventilati dal ministro Lupi per l’acquisto di auto, perchè «drogano il mercato», invece «bisogna lasciare che vada come deve andare». Quindi la smentita di qualunque tipo di trattativa di cessione ai tedeschi di Volkswagen: «Mai, ci abbiamo messo una vita intera per creare questa realtà». Tra le novità l’ingresso nel capitale di Fiat della banca centrale cinese con il 2%, dimostrazione, ha detto Elkann, di come «Fiat è in grado di attrarre investitori istituzionali da tutto il mondo». Con la nascita di Fca, Fiat darà l’addio non solo alla sede a Torino, ma anche alla quotazione in Piazza Affari (ieri il titolo ha perso l’1,86% a 7,11 euro), per volare a Wall Street. Bye bye Fiat.
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