venerdì 28 ottobre 2016
Gli scienziati restano divisi sugli effetti del consumo di olio di palma. LUna divisione confermata a un convegno organizzato dall'azienda di Alba, leader nell'olio di palma "di qualità"
I frutti da cui si ricava l'olio di palma

I frutti da cui si ricava l'olio di palma

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Forse Nanni Moretti in quel lontano 1984 non lo sapeva ancora, ma nel famoso barattolone in cui nel film Bianca affogava fette di pane, ossessioni e solitudine l'olio di palma c'era già. E ce ne sarà sempre di più in futuro con tutti i suoi grassi saturi (molti) e insaturi (meno) perché, piaccia o no, ormai non si potrà più farne a meno. L'industria alimentare ne fa infatti largo uso, per la sua versatilità d'impiego, per le proprietà organolettiche e per la sua economicità. È stato calcolato che nel 2050 nel mondo il fabbisogno totale di grassi (intesi come nutrienti, non come soggetti iper-nutriti), elemento indispensabile per l'alimentazione umana, sarà superiore alla ipotetica produzione totale. Eppure, l'olio di palma da alcuni anni scatena, soprattutto in Italia e
in Francia, accese discussioni e panici timori.

Si può produrre un olio di palma sostenibile e di qualità?

Ferrero, storico marchio e tra i simboli dell'Italia nel mondo nonché tra i leader planetari nel settore dolciario, ha così deciso di festeggiare i suoi 70 anni e di togliersi la maschera chiamando a raccolta ogni sorta di esperti (tra medici, chimici, psicologi, ricercatori, ecc) al convegno tenutosi giovedì 27 ottobre a Milano con il titolo Olio di palma: una scelta responsabile, basata sulla scienza. Un atto di coraggio e una necessità (tra tanti detrattori) affinché la testa (degli esperti del settore, dei mass media e soprattutto dei consumatori finali) possa avere la meglio sulla pancia attraverso la conoscenza scientifica e un'ampia informazione. Partendo da fondamentali domande: è possibile produrre un olio di palma sostenibile e di qualità? Quali se no le alternative? Un punto fermo da segnare in questo nervoso dibattito, soprattutto dopo l'allarme lanciato dall'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare, che ha sede a Parma) lo scorso maggio, mettendo in guardia da alcuni contaminanti tossici (ritenuti anche potenzialmente cancerogeni) prodotti durante il processo di raffinazione industriale degli oli utilizzati in alcuni alimenti come crackers, grissini, merendine, ecc. Tra questi oli, quello di palma secondo il parere dell'Efsa sarebbe molto più "contaminante".

Le indicazioni "senza olio di palma" non autorizzate

Fatto sta che negli ultimi mesi sugli scaffali dei supermercati sono sempre più i prodotti da forno recanti sulla confezione la scritta "senza olio di palma". Un annuncio, sbotta Marco Silano (direttore del reparto alimentazione, nutrizione e salute dell'Istituto superiore di sanità), «mai autorizzato dall'Efsa» (a differenza di indicazioni come "senza glutine, lattosio, lievito, zuccheri aggiunti" ecc) e che, secondo Giovanni Fattore (analista di politiche e management pubblico all'università Bocconi), «in termini comunicativi significa che l'olio di palma fa male, chi lo usa è cattivo e chi non lo usa è invece bravo». «Bufale» le chiama Claudio Bosio, preside di Psicologia alla Cattolica di Milano, riferendosi a «quelle affermazioni che dicono solo una parte di verità scientifica». L'altra parte sarebbe, nella fattispecie, che se non c'è olio di palma ce n'è un altro, magari più facilmente soggetto a ossidazione o a produrre altri tipi di contaminanti durante la lavorazione industriale.

L'importanza della filiera

E se Carlo Agostoni (direttore in pediatria all'Università degli Studi di Milano) sottolinea le elevate proprietà nutrizionali per i neonati dell'acido palmitico contenuto nell'olio di palma e la ricercatrice del "Mario Negri" Elena Fattore, riportando recenti studi, prova a smontare la granitica "ipotesi lipidica" (la correlazione tra colesterolo alto e patologie cardiovascolari) affermando che «non c'è evidenza scientifica che i grassi saturi dell'olio di palma facciano male alla salute», sul fronte ambientale viene sottolineato quanto negli ultimi anni la Ferrero si sia impegnata a garantire una filiera di produzione di palma sostenibile. In più, da un anno, l'azienda di Alba è entrata a far parte del Palm oli innovation group (Poig) che ha l'obiettivo di migliorare l'industria del palma a partire dagli standard di Rspo (Roundtable on sustainable palm oil), mentre già dal 2013 si era dotata di un decalogo volontario per l'impegno alla non deforestazione, alla tutela delle specie, alla riduzione dei gas serra e al rispetto dei diritti umani. Persino Greenpeace, anch'essa parte del Poig, nelle sue pagelle sulle aziende ha identificato Ferrero come azienda leader, capace di tracciare l'intera filiera di quasi tutto il prodotto.


Ad attirarsi invece gli strali della politica è stato il viceministro dell'Agricoltura Andrea Olivero («bisogna evitare il terrorismo alimentare basato sull'ignoranza, rimanendo comunque attenti e rigorosi» ha detto riguardo alla "demonizzazione" in atto del palma), accusato di aver attaccato dal «pulpito» del convegno Ferrero «la campagna contro gli acidi grassi trans, in larga parte legati all'olio di palma che proprio ieri – accusa il senatore di Sinistra Italiana Francesco Campanella –, con la risoluzione approvata dal parlamento europeo che chiede all'Ue di limitarne le quantità presenti negli alimenti, ha ottenuto una significativa vittoria».

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