sabato 3 ottobre 2020
Il ricercatore dell’Infn: era fondamentale che raggiungesse i social network
Federico Ronchetti

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«Era fondamentale che il #PianoAmaldi raggiungesse i social network, avesse eco e trovasse diffusione in uno spazio di confronto ampio e intergenerazionale», spiega Federico Ronchetti, ricercatore presso l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), da diversi anni assegnato all’esperimento ALICE del Cern, di cui attualmente coordina le operazioni di messa a punto e acquisizione dati. Non solo: Ronchetti è stato incaricato di trasferire nell’ambiente social il documento "Pandemia e Resilienza", promosso dalla Consulta Scientifica (fondata dal cardinale Gianfranco Ravasi).Professore, come è stato coinvolto nell’iniziativa?Verso la fine di giugno ho ricevuto una mail da una collega: mi si chiedeva se fosse possibile divulgare il contenuto del pamphlet elaborato da Ugo Amaldi. Ho subito dato la mia disponibilità per cercare di trasformare il testo del documento in un "thread" su Twitter, ovvero una sequenza ordinata di tweet, che sono messaggi composti, come noto, di 280 caratteri ciascuno. Data la sua lunghezza, ho generato un mega-thread di 55 tweet in sequenza cronologica.

È un unicum nel suo genere o aveva già composto sequenze simili?

Nei mesi precedenti avevo scritto alcuni thread divulgativi più lunghi della media su diversi argomenti tecnico-scientifici: ad esempio, sulla fisica delle interazioni nucleari o sulle applicazioni della fisica delle particelle per la cura dei tumori (Charged Particle Therapy), ma anche sulla fisica delle onde elettromagnetiche in chiave esplicativa, nel tentativo di fare chiarezza sulle paure infondate di molti cittadini rispetto alla tecnologia 5G.

Sono stati "esperimenti" utili a saggiare il terreno...

Nella prima fase, a giugno, nessuno di noi, né io né Ugo Amaldi, eravamo consapevoli che ci stessimo imbarcando in una campagna vera e propria. Il successo del thread "Amaldi" è stato incoraggiante: nel mese successivo si contavano già oltre tre milioni di visualizzazioni.

Non poche, considerando che si partiva da 15.000 followers.

Certo. Inoltre, secondo me, è da osservare e rimarcare che la pubblicazione è stata spunto di una serie di discussioni, direi, multidirezionali, nel senso che gli sviluppi della questione sono stati i più vari.

Le reazioni convergono?

Sì, ed è indicativo, perché non si tratta di un confronto in seno alla comunità scientifica, ma esteso a tutti i cittadini: la stragrande maggioranza di loro sostiene come priorità vitale per il nostro futuro, direi l’urgenza, di aumentare i fondi per la ricerca, di base e applicata. Che si percepisca come impellente, improrogabile, un cambio di rotta nelle politiche della ricerca, mi ha colpito molto e, poiché in quei giorni erano in fase di composizione le diverse task force nominate dal governo, in particolare quella guidata da Vittorio Colao, ho pensato di contestualizzare la proposta, sintetizzandola in un "piano" simile al cosiddetto Piano Colao.

Il primo tweet risale al 27 giugno e proprio in quel momento tutta la forza comunicativa del phamplet viene concentrata nell’hashtag #PianoAmaldi.

L’hashtag ha avuto un enorme impatto su Twitter, soprattutto considerando la complessità del tema del finanziamento della ricerca scientifica: un successo che si è tradotto in diversi milioni di visualizzazioni e nel successivo dibattito aperto, dapprima in rete, e poi proseguito sui media tradizionali.

Quale lezione apprendiamo nel nostro rapporto con i social network?

La vicenda insegna che possono e devono essere usati in modo costruttivo e propositivo, tenendosi alla larga da sterili polemiche e attacchi gratuiti. Questo approccio, scevro da ogni forma di aggressività, è il solo strumento di contrasto alle fake news ed è molto efficace nella comunicazione di tematiche complesse, articolate.Dunque, semplificare senza snaturare? Esatto. Perchè consente di formare un’opinione pubblica più consapevole e capace di orientarsi in un mondo sempre più criptico da decodificare.

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