martedì 23 maggio 2017
In occasione del Congresso, il segretario generale annuncia un Patto che nei prossimi quattro anni potrà generare 15 miliardi di euro e oltre 100mila nuovi occupati
Il segretario generale Fai Cisl, Luigi Sbarra

Il segretario generale Fai Cisl, Luigi Sbarra

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«Un’occasione per lanciare al governo e alle controparti la sfida di un Contratto per l’Italia fondato sulla qualità del lavoro in comparti essenziali per l’economia e la coesione. Un Patto che nei prossimi quattro anni potrà generare 15 miliardi di euro e oltre 100mila nuovi occupati». Lo annuncia da Riccione, in occasione del Congresso Nazionale della Fai, il sindacato agroalimentare-ambientale della Cisl, il segretario generale Luigi Sbarra.

Come cambierà il sindacato per raggiungere questi obiettivi così ambiziosi?
Le sfide da cogliere sono due. Da una parte bisogna lavorare attraverso le proprie leve negoziali e bilaterali per costruire modelli maggiormente partecipativi. Significa puntare a una contrattazione aziendale, territoriale e nazionale che coniughi il necessario aumento di competitività a nuovi strumenti di democrazia economica, salari di produttività, welfare integrativo. Sotto il profilo delle politiche organizzative dobbiamo invece continuare a innovarci secondo le linee delle assemblee organizzative Fai e Cisl, avvicinando il sindacato al territorio e realizzando un dialogo più forte e strutturato tra federazioni e servizi. Dobbiamo poi puntare sui giovani, su un maggiore coinvolgimento dei migranti e, soprattutto, sull’ingresso delle donne nei nostri gruppi dirigenti di ogni livello. Tema su cui la nostra federazione ha fatto passi enormi negli ultimi anni e in questo Congresso in particolare.

Soddisfatto dei risultati raggiunti finora?
In questi anni abbiamo dimostrato di saper fare molto bene il nostro lavoro. L’azione contrattuale nei settori agroalimentari ha dato risultati straordinari, che hanno liberato risorse e contribuito attivamente al rilancio dei settori e dell’economia nazionale. Dodici contratti per una platea di oltre un milione di famiglie, con avanzamenti su competitività, partecipazione, assetti contrattuali, rapporti paritetici, welfare integrativo. Novità che contribuiscono a migliorare le condizioni di lavoro, intercettando una questione salariale da cui dipende la ripartenza. I rinnovi garantiranno entro il 2020 lo sblocco contrattuale di oltre quattro miliardi di euro, ai quali si aggiungono i frutti della contrattazione decentrata, territoriale e aziendale. Ora sono le istituzioni che devono fare la loro parte.

Il 2016 è stato anche l’anno dell’approvazione della nuova legge contro il caporalato.
La legge 199 è una formidabile conquista della lotta sindacale. I tanti arresti di questi mesi dimostrano che la legge funziona a livello penale, ma la battaglia non potrà dirsi vinta sin quando non sarà realmente partecipata dalle rappresentanze sociali. Dobbiamo dare attuazione alla gamba sociale di quella riforma: il governo deve dirci se crede nella Cabina di regia e nella Rete di qualità. Noi di certo non abbassiamo la guardia, consapevoli che la repressione senza prevenzione non è sufficiente.

Il governo cosa dovrebbe fare?
Spezzare le diseconomie infrastrutturali e sbloccare investimenti che rilancino il vero motore di questo sistema: la nostra eccellenza. Le dotazioni vanno destinate su progetti che elevino ricerca, qualità di processo e di prodotto, digitalizzazione delle dinamiche produttive e distributive. Vanno promosse le aggregazioni e integrazioni aziendali. Ma il baricentro strategico, resta la tutela e la valorizzazione del capitale umano, la centralità del buon lavoro. Innovazione, competitività, valore aggiunto, si accrescono con politiche che mettano al centro la dignità e il protagonismo dei lavoratori. Anche per questo l’esecutivo deve impegnarsi a includere i lavoratori dell’agroalimentare nei meccanismi dell’Ape Social.






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