mercoledì 7 dicembre 2022
Uno ogni sette cittadini britannici non ha cibo sufficiente da mangiare. Ai 9,5 milioni di tonnellate di alimenti buttati corrispondono 6,4 milioni di tonnellate di emissioni di gas effetto serra
Etichette e app: nel Regno Unito è sfida aperta agli sprechi

Ansa

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La famiglia di Duncan Mc Cann, 44 anni e Fiona McAllister, 43, è profondamente ambientalista. Genitori e tre figli, Logan, 13 anni, Sol, 10 e Ezra, 6, usano soltanto la bicicletta per spostarsi dentro Londra, non prendono mai l’aereo, comprano soltanto nei negozi locali, mangiano biologico e comprano energia pulita. Del loro stile di vita pro ambiente fa parte anche quella “Magic bag” che comprano una volta alla settimana, da una panetteria locale, “Fika”, grazie all’app “Too good to go”, «Troppo buono per essere buttato» che pubblicizza cibo che i negozi altrimenti butterebbero perché scaduto.

«Compriamo pane e dolci – spiega Duncan Mc Cann, ricercatore in economia –. Per me è molto importante che il cibo non venga sprecato e aiutare i negozi locali che fanno fatica, in questo momento, con l’aumento del costo della vita, oltre al fatto di risparmiare. Paghiamo un terzo del costo reale. Inoltre i miei figli si entusiasmano moltissimo perché non sanno mai che cosa troveranno in quel sacchetto e sperano sempre che vi saranno i loro dolci preferiti». Come Fiona e Duncan e i loro figli oggi, nel Regno Unito, sono in migliaia ad andare a caccia di cibo che verrebbe altrimenti buttato perché non venduto ma che si può tranquillamente consumare. La legislazione britannica favorisce questo nuovo modo di acquistare e consumare perché sulla maggior parte dei cibi è obbligatoria soltanto l’etichetta “best before”, ovvero la qualità è migliore se il cibo viene mangiato prima di quella data, ma va benissimo anche se viene consumato dopo e non vi sono rischi per la salute.

A dover essere controllata con attenzione, invece, è la scritta “use by”, seguita da giorno, mese e anno, che indica che quegli alimenti – di solito carne, pesce, latticini e pasti pronti – vanno mangiati entro quella data se non vogliamo che la nostra salute ne risenta. Secondo un’inchiesta del quotidiano The Guardian la scritta “best before” sta alimentando un mercato in continua espansione che si aggira tra i 130 milioni di sterline, quasi 150 milioni di euro, e il miliardo di sterline, 1,15 miliardi all’anno. I britannici che scelgono negozi come “Best Before it’s Gone”, “Migliore prima della scadenza”, sito con base a Daventry, nel Northamptonshire, sono in continuo aumento. Secondo “Wrap”, una charity ambientalista, che lavora per evitare lo spreco di cibo, il Regno Unito butta nella spazzatura 9,5 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, il 70% del quale è perfettamente commestibile e corrisponde a 15 miliardi di pasti che potrebbero garantire al Paese colazione, pranzo e cena per undici settimane.

Non è poco in questo momento nel quale uno ogni sette cittadini britannici non ha cibo sufficiente da mangiare. Anche l’impatto sull’ambiente non è trascurabile se consideriamo che ai 9,5 milioni di tonnellate di alimenti buttati corrispondono 6,4 milioni di tonnellate di emissioni di gas effetto serra. È sempre stata la stessa charity ad aver avviato una campagna contro l’uso dell’etichetta “best before”, che ha un forte impatto psicologico sui consumatori britannici, il 10% dei quali decidono di acquistare un prodotto, soprattutto quando si tratta di cibo fresco come carne e verdura, soltanto sulla base di quella data. Secondo “Wrap”, 50mila tonnellate di cibo potrebbero essere recuperate ogni anno se quell’etichetta venisse rimossa e, infatti, alcune importanti catene hanno cominciato a farlo.

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