mercoledì 6 aprile 2016
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La prima testa è caduta. Quella del premier islandese Sigmundur Gunn-laugsson, uno dei diversi governanti e capi di Stato chiamati in causa nello scandalo Panama Papers. Il presidente della Repubblica Olafur Ragnar Grimsson è rientrato precipitosamente dagli Stati Uniti, dove era in visita ufficiale, e ieri sera ha avuto un drammatico faccia a faccia con Gunnlaugsson, da cui è scaturito l’annuncio delle dimissioni. A nulla sono valse la minacce dell’ex premier di sciogliere il Parlamento e di andare alle elezioni anticipate. Su di lui pesa il sospetto, in base alle rivelazioni di diversi media e del consorzio internazionale dei giornalisti investigativi, di aver sottratto al fisco del suo Paese e di aver portato nei paradisi fiscali delle Isole Vergini Britanniche milioni di dollari, attraverso l’acquisto fatto nel 2007 di una società offshore (la Wintris) utilizzata per investire l’ingente somma che l’ex premier e sua moglie pare avessero ereditato. Secondo il dossier Panama Papers l’ex premier avrebbe a suo tempo intestato per la fittizia somma di un dollaro il 50% della società alla consorte Anna Sigurlaug Palsdottir. Comportamenti e frangenti che, sollevati e contestati due giorni fa da un giornalista della televisione di Reykjavik, avevano mandato in crisi Gunnlaugsson davanti alle telecamere al punto da fargli interrompere l’intervista uscendosene dalla stanza. Ora per lui è arrivato il momento di uscire anche di scena e di abbandonare lo scranno della guida del governo. Per il piccolo Stato artico si preannunciano adesso giornate difficili, con le opposizioni sul piede di guerra anche in virtù del fatto che pare coinvolto nello scandalo persino il ministro delle Finanze e dell’Economia Bjarni Benediktsson. Per l’Islanda è il momento più difficile da quando rischiò il default nel periodo 2008-2011, in seguito alla crisi finanziaria dovuta al coinvolgimento delle tre principali banche del Paese proprietarie di ingenti quantitativi di fondi- spazzatura. E l’ex premier, nelle tre banche crollate, possedeva quasi 4 milioni di dollari in obbligazioni. Un’ombra lunga dunque sul glaciale Paese del profondo Nordeuropa, che soltanto pochi mesi fa era salito agli onori della cronaca per la storica qualificazione della propria nazionale di calcio alla fase finale di una competizione internazionale. Lasciata la poltrona di premier, per il povero Gunnlaugsson si tratta ora di dire anche addio a una qualsiasi poltroncina di un qualsiasi stadio di Francia, dove si terranno gli Europei. Ma senz’altro, a giugno, di Panama Paper si saprà di più e forse Gunnlaugsson potrebbe non essere l’unico governante a evitare i riflettori dell’eurovisione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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