giovedì 12 ottobre 2017
Necessaria un'operazione per l'emersione discale, contributiva e legale
Le misure singole non bastano, serve una strategia
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Vi è il rischio che si consolidi l’amara, e tuttavia vitanda, constatazione che, senza il sommerso, l’economia italiana si troverebbe in ancora maggiori difficoltà. Il calo del sommerso nel 2015, segnalato ieri dall’Istat, di 0,5 punti percentuali rispetto al 2014 avverte che qualcosa si muove, e bisognerebbe conoscerne bene le cause, ma è infinitamente inferiore alle esigenze di quella che dovrebbe essere una valida politica di emersione che, purtroppo, ancora non esiste. Basta riflettere, del resto, sul valore assoluto di tale economia che si ragguaglia pur sempre a 208 miliardi comprensivi di quella derivante da attività illegali. Se poi si osserva che la parte del sommerso attribuibile al lavoro irregolare è pari al 37,3%, in crescita rispetto al 2014 quando era del 35,6, l’allarme che ne dovrebbe conseguire dovrebbe attivare tutti i soggetti istituzionali, politici, economici e sociali a vario titolo competenti in materia. La cosiddetta "sotto-dichiarazione" pesa, invece, per circa il 45% del valore aggiunto, in calo, in questo caso, di due punti percentuali rispetto al 2014. Bisognerebbe avere dati aggiornati per trarre delle conclusioni oggettive; ma il trend appare ben delineato.

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Evasione fiscale e contributiva, crimine, spesso organizzato, forme varie di riciclaggio concorrono alla persistenza di un’economia, nel migliore dei casi, "grigia". Non si può fare di tutta un erba un fascio, d’altro canto, perché al sommerso contribuiscono anche piccole attività che, se sono indotte ad emergere, rischiano di non restare in piedi. Vanno tollerate? No. Non si vuole ripetere qui la storia dell’abusivismo di necessità, ma il problema riguarda le politiche che si possono adottare per il contrasto, da un lato, e per l’emersione dall’altro. Finora sono state assunte misure singole, non inglobate in una vera strategia dell’emersione fiscale, contributiva, legale, di cui ci sarebbe massimamente bisogno. Quante volte si è detto dei progetti che si potrebbero realizzare e dell’equilibrio che si potrebbe conseguire nei conti pubblici, se solo una parte del sommerso passasse alla luce del sole e fosse sottoposto a tassazione e a regolarizzazione.

I condoni ripetuti, tuttavia, non giovano, perché colpiscono la fiducia nello Stato di diritto, provocano carenze di gettito negli anni successivi dal momento che si torna alle pratiche di evasione confidando in un nuovo condono, dunque ledono la certezza e la stabilità delle entrate. L’effetto sulla situazione del sommerso è stato, del resto, finora assai circoscritto. Eppure una grande operazione per agevolare soprattutto l’emersione del lavoro, con provvedimenti organici, è necessaria e urgente, per i singoli e per le famiglie che nel lavoro irregolare hanno, in molti casi, l’unica fonte di sussistenza. Dovrebbe essere una assoluta priorità dello Stato. Una Repubblica non può prosperare in una condizione in cui una parte cospicua delle risorse si svolge nell’opacità e non riconosce al lavoratore la trasparenza e la dignità del proprio lavoro.

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