venerdì 23 marzo 2018
L'azienda che produce compressori per frigoriferi (gruppo Whirlpool) vuole chiudere lo stabilimento a Riva di Chieri e delocalizzare: 500 lavoratori a rischio
Embraco rilancia, trattativa sugli incentivi all'esodo
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A pochi giorni dalla scadenza, per il blocco dei quasi 500 licenziamenti alle Embraco-Whirlpool tutto è nuovamente messo in forse. Anche se le organizzazioni sindacali appaiono ancora ottimiste. Nella serata di giovedì la riunione fra azienda e rappresentanti dei lavoratori che doveva portare alla firma dell’accordo raggiunto ad inizio mese, si è improvvisamente complicata a causa di una richiesta inaspettata da parte di Embraco. L'azienda - secondo quanto hanno riferito i sindacati - avrebbe voluto inserire nel verbale d'intesa il ricorso a incentivi all'esodo volontario.

Un passaggio che deve però essere prima discusso con i lavoratori. I sindacati hanno per questo hanno rifiutato di firmare il testo proposto dai rappresentanti dell'Embraco. In particolare, il confronto si è complicato sugli strumenti da usare per alleviare l’impatto causato dalla perdita dei posti e soprattutto sugli gli incentivi all’uscita. Embraco ha proposto 14 mensilità più sei mila euro per chi se ne va nel prossimo mese. Mentre i sindacati e in particolare Uilm ha chiesto 50 mila euro più mille per ciascun anno di anzianità maturato. Più in generale, tuttavia, c’è in gioco l’operazione di reindustrializzazione dell’area di Riva di Chieri (alle porte di Torino). Da questo punto di vista, attraverso il lavoro effettuato da Invitalia, sono ormai diverse le manifestazioni di interesse ma nessuna sembra in grado di assicurare da sola la piena occupazione dei 497 lavoratori che verrebbero licenziati a fine anno. Tutto è rimandato quindi alle ultime ore utili per evitare i licenziamenti che scatteranno il 29 marzo: azienda, sindacati e Regione Piemonte si rivedranno il 27.

La Embraco produce compressori per frigoriferi nello stabilimento di Riva di Chieri (Torino) ed è dall’ottobre scorso in crisi per la decisione di spostare la produzione in altre aree, decisione che ha provocato la scelta di licenziare 497 persone su 500 circa e che ha scatenato la mobilitazione non solo delle organizzazioni sindacali ma anche delle Istituzioni locali (compresa la Curia di Torino), oltre che del Governo con momenti di forte tensione fra l’esecutivo e la multinazionale con dirigenza brasiliana ma proprietà americana.

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