sabato 6 luglio 2013
​La diffusione di Internet ha un impatto positivo “puro” sull’occupazione, soprattutto su quella giovanile, indipendentemente da altre concause, come la crescita economica, il livello di tassazione sul lavoro, il cambiamento della competitività internazionale. Servono, però, regole chiare, investimenti e formazione.
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​L'economia diventa sempre più digitale e legata a Internet. Un recente studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo (Ocse), Internet economy outlook 2012, infatti, afferma che fino al 13% del valore generato dalle aziende potrebbe essere attribuito al web; mentre il settore ha assorbito il 50% di tutte le operazioni di venture capital nel 2011. In Italia i valori sono sensibilmente inferiori, eppure decisamente interessanti se li si valuta nell’ottica delle potenzialità di crescita ancora inespresse. In uno studio dal titolo Fattore Internet, realizzato da The Boston Consulting Group, si sostiene che il contributo che Internet fornirà al nostro Paese nel 2015 oscillerà tra il 3,3% e il 4,3% del Pil. Si stima, inoltre, che l’Internet economy registrerà una crescita annua compresa tra 13% e 18% da qui al 2015, raggiungendo un valore di 59 miliardi di euro, una cifra quasi doppia rispetto ai 31 miliardi di euro del 2010. Se un numero maggiore di imprese riuscisse a intercettare anche solo una parte di questo potenziale si aprirebbero nuove opportunità anche in tempi di crisi come quelli che stiamo vivendo oggi. Le aziende attive su Internet infatti fatturano, assumono ed esportano di più e sono più produttive di quelle che su Internet non sono presenti. Le Pmi attive in rete hanno infatti registrato una crescita media dell’1,2% dei ricavi negli ultimi tre anni, rispetto a un calo del 4,5% di quelle offline e un’incidenza di vendite all’estero del 15% rispetto al 4% delle offline.Secondo il rapporto Crescita Digitale, a cura di Marco Simoni, docente della London School of Economics, la diffusione di Internet ha un impatto positivo “puro” sull’occupazione, soprattutto su quella giovanile, indipendentemente da altre concause, come la crescita economica, il livello di tassazione sul lavoro, il cambiamento della competitività internazionale. I risultati ottenuti mostrano che in un ipotetico Paese medio, l’aumento della diffusione di Internet del 10% comporta un aumento dell’occupazione complessiva di 0,44 punti percentuali e un aumento dell’occupazione giovanile di 1,47 punti percentuali.Il rapporto riferisce che gli effetti occupazionali di Internet si amplificano se, nel contempo, cresce il capitale umano del Paese: crescono cioè i livelli di formazione volti alla creazione di una cultura digitale e allo stesso tempo vengono implementate politiche per far crescere l'ecosistema digitale nel suo complesso.Servono, però, regole chiare per cogliere tutte le grandi opportunità offerte dal web. Lo dice il ministro dei Beni culturali e del turismo Massimo Bray, intervenuto a Roma a Big Tent, convegno organizzato da Google. "Come amministrazione pubblica abbiamo molti anni di ritardo - dice Bray -. Ma nuove opportunità, anche di business, devono seguire un nuovo modello di regolamentazione e di rapporti pubblico privato, a partire dallo stesso rapporto del Ministero, dei suoi enti, e Google stesso; un modello basato su chiare regole, con un approccio fondato sul rispetto dei ruoli e focalizzato alla valorizzazione del patrimonio stesso che deve essere a disposizione di più persone possibile".IL COMPARTO DELLE IMPRESE DIGITALIPiù di 800mila sono gli addetti delle imprese digitali italiane, quasi uno su tre è lombardo (28,4%). Tre addetti su quattro lavorano a Milano (21% del totale nazionale). Al secondo posto Brescia (5,8%) e al terzo Bergamo (4,8%). È quanto emerge da un'elaborazione della Camera di commercio di Milano su dati registro imprese al I trimestre 2013, presentata in occasione della diffusione della ricerca di Assinteldigitale. Circa un'impresa digitale su tre in Lombardia si occupa di attività di direzione aziendale e consulenza gestionale, quasi una su quattro nella produzione di software e attività informatiche e oltre una su cinque nel settore pubblicitario e delle ricerche di mercato. In generale, 230mila è il numero dei soggetti censiti, di cui 173mila sono a pieno titolo nuove imprese digitali e si muovono nei servizi web, mobile e internet of things, nel software e big data, nella consulenza, nei nuovi media sociali, nel design, nelle produzioni multimediali e nel digital entertaiment, nel finance 2.0. Sono soprattutto piccole imprese di under 35. Negli anni della crisi crescono, nel 2013 il fatturato sarà in miglioramento o stabile per i tre quarti degli intervistati. "Sono - spiega Giorgio Rapari, presidente Assintel e consigliere della Camera di commercio di Milano - la punta di diamante della nostra imprenditoria e tengono agganciata l'Italia alla modernità. I dati della ricerca danno luce a uno scenario decisivo per la nostra economia: in Italia esiste un universo fluido di nuove imprese che, nonostante la crisi strutturale, funzionano. Portatrici di innovazione, sono le punte di diamante di una nuova imprenditoria che dobbiamo riconoscere e valorizzare, perché contribuisce in maniera decisiva all'innalzamento del Pil e della nostra competitività". "Cercano - sottolinea Maria Grazia Mattei, vicepresidente di Assintel e coordinatrice Assinteldigitale - un centro di gravità permanente, la verticalizzazione che rappresenta il nuovo mondo dell'impresa digitale. Hanno al centro delle loro attività il web e la creatività, parlano linguaggi nuovi e si muovono su logiche fluide e poco strutturate".I LIMITI IN ITALIA E IL CANALE NON PROFIT"In Italia non abbiamo un numero sufficiente di persone online con una connessione a Internetaccettabile". Lo ha detto, riferendosi alla banda larga, Vinton Cerf, uno dei 'padri' di Internet e oggi vice presidente e chief Internet evangelist di Google. Un "problema", ha evidenziato, che impedisce il progredire anche nel nostro Paese di "modelli di business" dell'editoria basati sui contenuti digitali e sulla loro distribuzione online. Ecco perché, ha aggiunto Cerf, i service provider italiani "dovrebbero lavorare" sulla qualità della connessione, prima di puntare alla fruizione dei contenuti. Di recente Google ha lanciato il Project Loon, che porta la connessione con i palloni aerostatici per risolvere il divario digitale. "Arriveranno anche in Italia?", viene provocatoriamente chiesto a Cerf durante la conferenza. "Certo", risponde sorridendo e spiegando che uno degli obiettivi di Google è proprio quello di "diffondere l'accesso ad alta velocità in modo che tutti possano usufruirne". Intanto sbarca in Italia YouTube for Good, soluzione dedicata alle organizzazioni non profit, nata con l'obiettivo di valorizzare la loro presenza online utilizzando le potenzialità offerte dalla rete. Funzionalità avanzate, un bottone che consente agli utenti di effettuare donazioni direttamente attraverso il canale YouTube, la possibilità di effettuare live streaming sono alcune delle principali caratteristiche del progetto lanciato dal canale video più famoso al mondo, che è completato da una guida. "Siamo tra i primi Paesi nel mondo a disporre di questo programma dedicato al mondo del no profit - ha dichiarato Simona Panseri, direttore comunicazione & public affairs di Google in Italia -. Internet ha un enorme potenziale che può essere utilizzato per promuovere campagne sociali a livello locale e farle diventare allo stesso tempo globali e per aiutare le organizzazioni no profit e le Ong a raccogliere i fondi".Attualmente le organizzazioni non profit generano più di quattro miliardi di visualizzazioni di video su YouTube, pari a una visualizzazione ogni due persone nel mondo; oltre 20mila organizzazioni già aderiscono al Programma non profit di YouTube; sono centinaia le organizzazioni non profit che contano oltre un milione di visualizzazioni video.
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