lunedì 13 novembre 2017
Tra i motivi più frequenti: eccessiva distanza da casa, impiego non perfettamente in linea con le proprie aspettative, ma anche non voler rinunciare all’indennità di disoccupazione
Ecco perché si rifiuta il lavoro
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«Hai superato l’iter di selezione, sei il candidato scelto dall’azienda». È questo il messaggio che chiunque stia cercando lavoro vorrebbe ricevere. Eppure, nonostante il periodo non proprio favorevole, un numero considerevole di candidati rifiuta l’opportunità di lavoro proposta. Perché? Tra i motivi più gettonati ci sono l’eccessiva distanza da casa, un lavoro non perfettamente in linea con le proprie aspettative, un’azienda appartenente a un settore diverso da quello di provenienza o magari troppo poco conosciuta e, infine, anche il non voler rinunciare all’indennità di disoccupazione che, in alcuni casi, è di poco inferiore allo stipendio di ingresso offerto.

«Io credo – dichiara Francesca Contardi, managing director di EasyHunters (società di selezione che offre servizi di recruitment digitali a elevata qualità) – che rifiutare un’opportunità professionale dopo aver sostenuto una serie di colloqui, adducendo delle motivazioni che potevano/dovevano essere valutate prima, sia assolutamente controproducente. Questo non significa, naturalmente, che un candidato sia costretto ad accettare qualunque offerta; è bene sottolineare, però, che se si arriva alla fine dell’iter di selezione, significa che tutti gli aspetti contrattuali, logistici e relativi allo stipendio sono stati ampiamente discussi insieme all’azienda o espressi nelle varie fasi. Dire di no a quel punto, in altre parole, pone il candidato in una posizione che potremmo definire scomoda: non dimentichiamoci, infatti, che qualsiasi relazione di lavoro deve essere basata sulla fiducia e un atteggiamento di questo tipo non può far altro che incrinarla. Io consiglio di sfruttare, per quanto possibile, ogni opportunità professionale per imparare, allargare il proprio network e fare esperienze anche in ambienti distanti dalla propria comfort zone».

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