martedì 30 aprile 2013
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​Più che il fisico, ad essere in crisi è la mente. Ancora longevi e in forma, nonostante peccati di gola, poco sport, fumo e qualche bicchiere di troppo, gli italiani dimostrano di essere un popolo sui generis anche per la salute. Stili di vita scorretti e un sistema sanitario nazionale in apnea non fermano la crescita dell’aspettativa di vita, facendo guadagnare 7 mesi agli uomini e 5 alle donne in un quinquennio. Contro ogni previsione da manuale. Ma al di là dei traguardi sul corpo, è il male di vivere oggi la patologia da affrontare. E il sistema nazionale sanitario il malato da curare, con un nuovo patto che coniughi efficacia ed efficienza.Complice la difficile situazione economica e sociale dell’Italia, il decimo rapporto Osservasalute conferma il trend in crescita dell’utilizzo di antidepressivi «per sedare angosce e disagi». Quadruplicate in dieci anni, le dosi giornaliere di psicofarmaci, infatti, sono oggi 3,6 su 100 abitanti, contro lo 0,8 del 2000. A farne maggior uso donne e giovani, osservati speciali pure per la sedentarietà e il vizietto il binge drinking, il bere per ubriacarsi. Invece è l’uomo la principale vittima della sofferenza mentale che spinge a togliersi la vita, un ulteriore andamento in salita (12 ogni 100mila abitanti). Va detto, l’Italia è tra le nazioni europee con il numero minore di gesti estremi. Ma «negli ultimi 4 stiamo assistendo - puntualizza Walter Ricciardi, direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute delle regioni italiane - a un aumento dei suicidi per motivi economici del 20-30%».Pessime abitudini quotidiane e divari territoriali nell’accesso ai servizi sanitari, inoltre, appaiono i due grandi temi del report con cui il nuovo esecutivo dovrà fare i conti. Gli italiani crescono, soprattutto grazie alla fecondità delle straniere, in generale hanno iniziato a ridurre il consumo di alcol (3%) e le sigarette, ma continuano a rimanere su livelli preoccupanti i comportamenti a rischio degli adolescenti: il primo drink si beve a 11 anni e 300mila minori abusano di cocktail. Nella patria della dieta mediterranea comunque si pecca persino a tavola; a non mangiare abbastanza frutta e verdura sono proprio quei territori, come la Calabria, che ne producono di più. Buone forchette e poco maratoneti, più di un terzo degli italiani ha difatti problemi con la bilancia, addirittura uno su dieci è obeso. E in troppi, per mancanza di soldi, rinunciano a curarsi.     Non solo la popolazione però è a rischio in futuro. È l’intera tenuta del Ssn, sottoposto a tagli continui e a pioggia. Già il Belpaese non brilla per equità delle cure in ogni territorio e per deficit sanitario (Lazio e Campania da sole compongono il 63% del debito), ma i continui sacrifici chiesti alla Sanità rischiano di minare il diritto alla salute. «I conti in ordine non sempre sono sinonimo di efficienza», continua Ricciardi, l’analisi sui bilanci regionali lo dimostra, va «trovato un nuovo equilibrio» tra austerità e prestazioni e vanno «ridisegnati i rapporti tra Stato e Regioni». Continuando sulla via delle sforbiciate lineari, gli fa eco Alessandro Solipaca, segretario scientifico dell’Osservatorio, si potrebbe tornare indietro, erodendo «i progressi di benessere della popolazione raggiunti» e «diminuendo i livelli di tutela del sistema».
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