lunedì 28 ottobre 2019
Alla cerimonia di fine mandato Mattarella, Merkel e Macron che mette il presidente uscente della Bce sulla scia di Schuman, Adenauer e De Gasperi
Il passaggio della campanella tra Mario Draghi e Christine Lagarde (Ansa)

Il passaggio della campanella tra Mario Draghi e Christine Lagarde (Ansa)

COMMENTA E CONDIVIDI

Emmanuel Macron è arrivato ad accostare il nome di Mario Draghi a quelli dei padri fondatori dell’Unione Europea: Jean Monnet, Robert Schuman, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Altiero Spinelli. «Quello che ci ha portati qui oggi è la celebrazione di un uomo che ha tenuto molto in alto il sogno europeo» ha detto il presidente francese nel suo intervento alla cerimonia di fine mandato del terzo presidente della storia della Banca centrale europea.

Subito, all’inizio dei suoi otto anni a Francoforte, Draghi ha dovuto affrontare la sfida più difficile della storia dell’euro: il rischio di rottura dell’Unione monetaria. È riuscito a vincere questa battaglia e per questo il saluto che ha ricevuto a Francoforte è stato degno di un grande europeo, con la partecipazione dei capi di Stato di Germania, Francia e Italia.

«Mario Draghi, in questi otto anni, è stato autorevolmente al servizio di un’Europa più solida e inclusiva, interpretando la difesa della moneta unica come una battaglia da condurre con determinazione contro le forze che ne volevano la dissoluzione» ha detto Sergio Mattarella, invitando i colleghi europei a un nuovo «cambio di passo»: «Dobbiamo, tutti, avere coraggio – ha spiegato il presidente della Repubblica –. Non credo sia stato facile per il Presidente Draghi, nel pieno della crisi, affermare: “whatever it takes”. Tutto ciò che è necessario, finché è necessario, per il bene dell’Europa e delle generazioni future. È quel che dobbiamo tutti assolutamente fare».

Anche Angela Merkel ha sottolineato come quella del presidente della Bce non sia stata soltanto un’attività di “politica monetaria”, ma un lavoro di tutela del futuro dell’Unione Europea: «L’euro è molto di più di una semplice moneta – ha avvertito la cancelliera tedesca –, il suo ruolo è persino più importante dell’accordo di Schengen. L’euro è il simbolo dell’irreversibilità del processo dell’integrazione europea e Francoforte è la patria di questo processo».

Draghi ha colto l’occasione per ripetere, ancora una volta, come l’euro debba essere considerato «un passo fondamentale verso l’obiettivo di una maggiore integrazione politica» dei Paesi europei. Questo significa che, nella visione del presidente uscente della Bce, servono altri passi avanti per unire l’Europa. Il banchiere ha ricordato che per avere una stabilizzazione fiscale della zona euro, con politiche di bilancio che siano ogni volta adatte al momento che l’economia delle nazioni della moneta unica stanno attraversando, occorre un coordinamento.

La richiesta è esplicita: una politica fiscale europea. «Politiche non coordinate non sono sufficienti, perché le ricadute dell’espansione fiscale tra uno Stato e l’altro sono relativamente scarse – ha detto Draghi –. Per questo abbiamo bisogno di una capacità fiscale dell’area euro di dimensione e disegno adeguati: abbastanza ampia da stabilizzare l’unione monetaria, ma disegnata per non creare eccessivo azzardo morale».

Starà a Christine Lagarde accompagnare la Banca centrale europea in questa nuova fase. In tutti i discorsi dei capi di Stato ieri è tornato l’auspicio di una maggiore integrazione europea, ma nella pratica oggi è evidente come in ogni nazione l’idea di un’Europa con più poteri sia poco popolare.

Emblematico, da questo punto di vista, che l’attuale e il futuro presidente della Commissione europea – Jean-Claude Juncker e Ursula von der Leyen – pur presenti ieri nella torre della Bce non siano intervenuti. Il tema di una politica fiscale europea più integrata non è entrato nemmeno nel discorso di Lagarde.

Draghi le ha consegnato la campanella che nella tradizione dovrebbe aprire le riunioni della Bce («non l’ho mai usata» ha confessato) e le ha detto di essere certo di lasciare la banca centrale in ottime mani: «Ho la massima fiducia che sarai una magnifica leader alla Bce». Poco prima, Lagarde aveva usato le parole della canzone Anthem di Leonard Cohen per esprimere ciò che Draghi ha fatto alla Bce. «Suona le campane che possono ancora suonare. Dimentica la tua offerta perfetta. C’è una crepa in ogni cosa. È così che entra la luce» cantava il musicista canadese.

Alla fine della cerimonia, il quartetto Aris ha suonato l’inno alla gioia – il tema della Nona sinfonia di Beethoven che quasi mezzo secolo fa i capi di Stato europei hanno scelto come inno dell’intera Ue – per portare il saluto dell’Europa a un uomo che l’ha aiutata ad attraversare la tempesta.



© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI