giovedì 24 novembre 2016
Ma il 64% preferisce che il capo sia un uomo (nella foto Marco Ceresa, ad di Randstad Italia)
Diversità di genere, gli italiani la approvano
COMMENTA E CONDIVIDI

La grande maggioranza dei lavoratori italiani dichiara di voler lavorare in ambienti e team caratterizzati dalla diversità di genere, ma nella percezione generale gli uomini godono ancora di un trattamento privilegiato al momento della selezione per un posto o un avanzamento di carriera. E ben il 64% dei dipendenti dichiara di preferire un diretto superiore di genere maschile. È una visione “strabica” quello che emerge in Italia sulla parità di genere nel posto di lavoro dal Randstad Workmonitor, l’indagine sul mondo del lavoro di Randstad - secondo operatore mondiale nei servizi per le risorse umane - condotta in 33 Paesi del mondo su un campione di 400 lavoratori di età compresa fra 18 e 65 anni per ogni nazione.

«I risultati della ricerca - commenta Marco Ceresa, amministratore delegato di Randstad Italia - evidenziano per l'Italia una sorta di asimmetria tra la sostanziale 'solidarietà' nei rapporti di lavoro orizzontali tra gregari, in cui appaiono ormai evidenti quasi a tutti i vantaggi della diversità di genere in azienda, e la visione più tradizionalista nelle relazioni gerarchiche, in cui il personale femminile sembra
discriminato a vantaggio di quello maschile per l'avanzamento di carriera e per le posizioni di comando. Una situazione che deve vederci tutti impegnati per colmare le resistenze culturali che escludono ancora oggi il patrimonio di idee, esperienze e competenze della componente femminile, per favorire la parità di genere a tutti i livelli».

Secondo i risultati della ricerca, il 91% dei lavoratori italiani preferisce lavorare in contesti professionali
caratterizzati dalla diversità di genere (contro l’87% della media mondiale) e l’89% ritiene che squadre
eterogenee ottengano risultati migliori rispetto a team omogenei (contro il 68% della media globale).
Numeri che mostrano come la diversità sia considerata un valore non più rinunciabile per la grande
maggioranza degli italiani, soprattutto nei rapporti orizzontali fra colleghi allo stesso livello di carriera.
Una sensibilità che si riscontra anche nella percezione del trattamento dall’azienda: l’82% pensa che le
imprese italiane si comportino allo stesso modo con i dipendenti di generi diversi e l’81% dichiara che a
parità di funzione corrisponda una parità di trattamento.

Ma, alla prova dei fatti, la situazione appare diversa. Un lavoratore italiano su tre (33%) crede che
uomini e donne non abbiano le stesse possibilità di ottenere un lavoro o una promozione. E addirittura
l’80% ritiene che, a parità di competenze, per un posto di lavoro vengano favoriti i candidati di genere
maschile, mentre solo il 20% crede che il personale femminile riceva un trattamento privilegiato. E così
non sono pochi gli italiani favorevoli ad una disparità di trattamento per riuscire proprio a garantire
l'obiettivo della diversità: il 43% giudica positivamente che un genere sia favorito sull'altro a questo
scopo (ben il 7% in più della media globale e addirittura il 13% in più della media europea).

E salendo la scala gerarchica emerge in modo preponderante anche la mentalità più tradizionalista dei
lavoratori. Per il 62% la parità di genere aumenta con l’anzianità nel ruolo. Ma, se il 75% dei dipendenti
italiani afferma che il suo diretto superiore è un uomo, quasi due lavoratori su tre (il 64%) dichiarano di
preferire un capo di genere maschile. In ogni caso, il Workmonitor rivela il ruolo cruciale dei manager
nella promozione delle buone pratiche come la parità di genere: il 72% pensa che il suo diretto
superiore abbia un ruolo importante nel promuovere lo spirito di squadra, il 70% che rappresenti la
cultura aziendale e sia da esempio per i dipendenti.

Rispetto allo scorso trimestre, la mobilità dei lavoratori è aumentata di un punto a livello
globale, passando da 109 a 110 punti. Il mercato italiano, invece, si conferma più rigido della media e
in controtendenza: l’indice di mobilità è sceso di quattro punti, passando da 107 a 103.

L’83% del campione non ha cambiato né mansione né datore di lavoro negli ultimi
sei mesi, l’8% dei dipendenti ha cambiato soltanto azienda, un altro 8% ha cambiato ruolo all’interno
della stessa società, solo il 3% ha cambiato sia l’impresa che la posizione ricoperta.

Soltanto il 3% dei lavoratori sta attivamente cercando un altro lavoro, il 4% sta
selezionando nuove opportunità, il 32% non si sta impegnando attivamente nella ricerca ma se
capitasse un’occasione sarebbe aperto ad ogni possibilità, mentre ben il 39% dichiara di non cercare
lavoro.

Pur occupando stabilmente la seconda metà della classifica, nel complesso gli italiani sono contenti della loro situazione occupazionale: il 70% è soddisfatto, il 20% non esprime un giudizio né positivo né negativo, mentre solo il 10% è insoddisfatto del proprio lavoro.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: