giovedì 23 luglio 2009
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Il conto che il mercato del lavoro sta pagando e pagherà nei prossimi mesi per colpa della crisi, varia da istituto a istituto. Ma tutti concordano che il problema numero uno su cui le economie di tutto il mondo devono oggi confrontarsi è la crescita della disoccupazione e la perdita di posti di lavoro. L’Italia non fa differenza. Mercoledì il Cnel parlava di mezzo milione di posti a rischio e un tasso di disoccupazione che continuerà a salire fino a sfiorare anche il 9%. Ieri un nuovo dato da parte dell’Isae, l’istituto di analisi del Tesoro, che nel suo rapporto annuale sull’economia italiana, prevede che nella media del 2009 il numero di persone occupate dovrebbe flettere dell’1,3%, circa 300mila posti di lavoro in meno. «Il forte ricorso alla cassa integrazione e alle forme di lavoro part time però – secondo gli economisti – contribuirebbero ad attutire l’impatto della crisi sui posti di lavoro effettivamente persi dando invece luogo a una più rilevante flessione del monte ore lavorate». Il tasso di disoccupazione, per l’Isae, «aumenterebbe al 9,3% nel 2010 (dal 7,9% del 2009 e dal 6,7% del 2008), riportandosi così su un livello leggermente superiore a quello del 2001». A lanciare l’allarme disoccupazione è anche il Rapporto Afo Financial Outlook dell’Abi, l’associazione delle banche italiane: la disoccupazione in Italia salirà all’8,1% nel 2009 e fino al 9,4% nel 2010, per poi ridursi al 9% nel 2011. «La recessione economica – si legge nel rapporto – sta dunque cominciando ad influenzare significativamente e negativamente anche il mercato del lavoro». Il peggioramento appare ancora più accentuato andando a osservare il tasso di disoccupazione giovanile il quale, secondo l’Abi, è passato da 20,4% di inizio 2008 al 24,9% del primo trimestre del 2009. Nonostante le misure del governo per affrontare l’emergenza lavoro, con un potenziamento degli ammortizzatori sociali (il ministro Sacconi ha sottolineato come «800mila persone rimaste senza lavoro, sono state salvaguardate dal ricorso agli ammortizzatori sociali»), sono dati assolutamente preoccupanti. Come quelli che arrivano dall’Unione Europea che dimostrano tutta la drammaticità del problema. Soprattutto per i giovani. Nel primo trimestre dell’anno – rileva l’Eurostat – il tasso di disoccupazione dei giovani dai 15 ai 24 anni nei 27 Paesi Ue era al 18,3%. Tradotto in unità: cinque milioni di ragazzi. L’ufficio europeo di statistica per la sola area dell’euro indica il tasso di disoccupazione giovanile al 18,4%, 3,1 milioni di persone. Nello stesso periodo dell’anno precedente il tasso nell’Ue si era fermato al 14,6% e nella zona euro al 14,5%. In Italia il tasso di disoccupazione giovanile, nel primo trimestre 2009, è arrivato fino al 24,9% (456.000) e ha mostrato la differenza maggiore rispetto al tasso complessivo di disoccupati pari al 7,4%. Un fenomeno che interessa in particolare il Mezzogiorno, dove i sogni e le speranze dei giovani rimangono al palo: qui, secondo una recente stima della Svimez, nella classe di età che va dai 15 ai 24 anni la disoccupazione è arrivata al 33,6% contro il 14,5% al centro nord. Situazione quella del Meridione italiano che pesa sul dato complessivo del nostro Paese. Ma non è solo l’Italia incapace di garantire una prospettiva lavorativa ai giovani. La Spagna raggiunge i nostri stessi livelli (33,6%); e il problema è piuttosto serio persino in Svezia (24,2%). La crescita dei giovani disoccupati interessa praticamente tutti gli Stati membri, ad eccezione della Bulgaria passata dal 13,9% del primo trimestre 2008 al 13,5% dello stesso periodo di quest’anno. Il più basso è in Olanda, rimasto fermo al 6%. Un’isola felice.Di fronte a questi numeri, non si può far finta di nulla. Così esponenti del mondo economico e bancario mondiale pongono la questione fra le assolute priorità. «Usciremo dalla crisi economica con più disoccupazione e più debito. Perché entrambi diminuiscano dovremo essere capaci di crescere a una velocità ben maggiore degli ultimi 10 anni», è il pensiero del governatore di Bankitalia Mario Draghi. E il presidente della Federal Reserve, Ben Bernanke: «La disoccupazione è il problema più grave e più urgente da risolvere per l’economia americana». E non solo.
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