giovedì 16 febbraio 2012
Per i giovani italiani lo tsunami della recessione dura da quattro anni e non accenna a placarsi. Secondo gli ultimi dati Istat relativi al 2011 dal 2009 a oggi sono saltati oltre mezzo milione di posti. Per la riforma clima più costruttivo.
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​Per i giovani italiani lo tsunami della recessione dura da quattro anni e non accenna a placarsi. Anche nei primi nove mesi del 2011, un periodo nel quale il nostro mercato del lavoro ha dato qualche timido segnale di risveglio, gli occupati sono crollati di altre 80 mila unità tra chi ha meno di 30 anni. Insomma mentre gli adulti hanno limitato i danni grazie alla cassa integrazione, la crisi ha continuato ad accanirsi soprattutto sulle nuove generazioni. Peggiorando un bilancio già drammatico: nel biennio nero 2009-2010 i giovani avevano pagato lo scotto più pensante, con 480mila posti spazzati via dalla crisi dei subprime. E tra il 2008 e oggi il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) è schizzato dal 20% al 31%, portando l’Italia al penultimo posto in Europa, meglio solo della Spagna.Queste cifre sono state evidenziate ieri dal presidente del’Istat Enrico Giovannini nel corso di un’audizione in Senato. Altrettanto preoccupanti gli indicatori relativi al rischio di povertà ed esclusione sociale: in Italia è in bilico una persona su quattro, il 24,5%, più che nell’area euro (21,5%) e nell’intera Ue (23,4%).Sono dati che nell’insieme riflettono la durezza della recessione e il dualismo del nostro mercato del lavoro, temi centrali in questi giorni al tavolo sulla riforma. Non a caso al vertice di Palazzo Chigi di mercoledì scorso è emersa la volontà del governo, apprezzata dalle parti sociali, di rafforzare il contratto di apprendistato, uno strumento che affianca formazione e prima occupazione e dovrebbe incentivare le aziende a stabilizzare a fine contratto il dipendente. Ieri il ministro Elsa Fornero ha assicurato che non comporterà oneri maggiori per le aziende: l’apprendistato è una «importante scommessa» per il governo e «dovrà rappresentare una vera occasione di formazione per i giovani e non solo uno strumento di flessibilità in entrata». Occorrerà, ha spiegato, allocare bene le risorse affinché «le cose migliori non costino di più». Il ministro del Lavoro promette una riforma «incisiva» e conferma il varo «entro il mese di marzo». Ieri ha proseguito i colloqui bilaterali incontrando i leader di Rete Imprese Italia, preoccupati dai costi della riforma per le piccole imprese. Il rafforzamento dell’apprendistato – che esiste già oggi ma subisce la "concorrenza sleale" dei molti contratti flessibili e temporanei – dovrebbe affiancarsi a uno sfoltimento delle altre forme contrattuali, specie di quelle usate in modo improprio. Altra priorità per ridurre il gap tra giovani e adulti e incoraggiare la crescita è un nuovo sistema di ammortizzatori sociali. Il governo ha raccolto l’invito pressoché unanime delle parti a non intervenire subito: in piena recessione sarebbe un’incognita indebolire strumenti come la cassa integrazione straordinaria. Ma Monti e Fornero non rinunciano a ridisegnare i sussidi a partire dalla seconda metà del 2013 o dal 2014: la filosofia è quella della tutelare più il lavoratore disoccupato che il singolo rapporto di lavoro. Comunque sia, dopo i passi falsi e la "melina" delle prime settimane, con l’ultimo vertice il clima del confronto è migliorato. «Siamo partiti con il piede giusto – ha detto il leader di Confindustria Emma Marcegaglia – abbiamo iniziato a parlare dei contratti in entrata, lunedì parleremo di ammortizzatori sociali e in un successivo incontro anche di flessibilità in uscita». Su quest’ultimo nodo, che è poi quello dell’articolo 18, il punto di caduta del confronto è tutto da trovare. Ma anche il Pd ora puntella con più decisione il governo. Pier Luigi Bersani ha espresso «molta soddisfazione» per il fatto che «si sta discutendo della precarietà» con «idee non banali» del governo e condivide la «sequenza» della trattativa.
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