sabato 14 maggio 2016
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MILANO Il problema, dice Giangiacomo Nardozzi, docente di Economia al Politecnico di Milano e autore del recente saggio Il mondo alla rovescia: come la finanza dirige l’economia, è che l’Italia cresce poco e non ha molto margine per crescere di più. E non la aiuta affatto lo stare dentro un’Unione monetaria in cui c’è un paese, la Germania, che avrebbe il potenziale di crescere di più ma non lo sfrutta perché accumula riserve invece di investire. Possiamo dire che in queste condizioni non possiamo ottenere più di questa 'ripresina'? Come Italia non possiamo nasconderci che abbiamo questo enorme problema della crescita potenziale: negli ultimi vent’anni il margine di espansione del nostro Pil si è molto ridotto a causa di un calo di produttività che non ha eguali tra le economie 'avanzate'. Questo significa che anche se abbiamo un po’ di ripresa molto difficilmente possiamo crescere a tassi soddisfacenti. L’altro problema che abbiamo è il debito pubblico. Però se l’economia non cresce il problema del debito è difficile da risolvere. Che cosa possiamo fare per recuperare produttività? Da un lato gli imprenditori si devono fare un esame di coscienza, come ho detto loro ad aprile intervenendo al convegno di Confindustria. Dall’altro il governo deve dare il suo contributo soprattutto snellendo la burocrazia, che è pesantissima sia a livello locale che a livello nazionale, e riformando la pubblica amministrazione per renderla orientata all’efficienza. Però c’è anche da dire che abbiamo perso quasi tutte le grandi imprese che avevamo, e quelle che ci sono rimaste sono quasi tutte statali. Per un’economia senza grandi imprese crescere è molto difficile. L’Italia è tra le economie più lente di una zona euro che comunque non vive certo una ripresa travolgente... Il problema è che la Germania ha la possibilità di essere la locomotiva della zona euro, ma non lo sta facendo. Il Fondo monetario internazionale lo ha spiegato molto bene nel suo ultimo rapporto sull’economia tedesca: la crescita è sotto il potenziale e potrebbe ac- celerare spingendo un po’ la domanda interna. Un’accelerazione tedesca potrebbe fare da traino per il resto d’Europa, Italia compresa, e darebbe una spinta significativa all’economia globale. Invece nonostante la crisi della domanda dei paesi emergenti, la Germania continua ad avere un forte surplus delle partite correnti, nell’ordine dell’8% del Pil. E questo anche perché punta sempre a mantenere il pareggio di bilancio pubblico rinunciando a fare investimenti. Vede possibilità di passi avanti in questo stallo europeo? C’è il piano Juncker che prevede investimenti in infrastrutture di interesse per tutta la zona euro ma non mi pare stia riuscendo a decollare. La Germania non vuole fare debito per finanziare le spese che favorirebbero l’intesa zona euro. L’Italia in questo senso fa bene a chiedere più flessibilità, anche se storicamente non abbiamo le carte in regola per chiederla. E allora bisogna affrontare il problema della difficile convivenza nell’Unione monetaria con un paese mercantilista come la Germania che mantiene un enorme surplus senza che questo squilibrio sia affrontato seriamente dalla Commissione europea. Quanto pesa, in questa situazione, la questione demografica? La popolazione invecchia e più invecchia meno è favorevole agli investimenti... È il problema della 'stagnazione secolare' esplorato in America da Larry Summers. In una situazione di scarsità di investimenti nonostante i tassi a zero la politica monetaria arriva al punto da non potere sostenere l’economia. Ed è proprio la questione che sta emergendo in Germania, dove c’è un eccesso di risparmio che non aiuta la crescita. © RIPRODUZIONE RISERVATA
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