sabato 23 settembre 2017
Centinaia di denunce contro i bancari che hanno venduto obbligazioni o azioni diventate spazzatura. Finisce spesso con un'archiviazione. Ma non sempre
Un momento della manifestazione del 6 dicembre 2015 a piazza Montecitorio di piccoli azionisti e obbligazionisti dei quattro istituti di credito risolti con il decreto "Salva-banche" (Ansa)

Un momento della manifestazione del 6 dicembre 2015 a piazza Montecitorio di piccoli azionisti e obbligazionisti dei quattro istituti di credito risolti con il decreto "Salva-banche" (Ansa)

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C'è una brutta guerra che si sta combattendo sulle ceneri finanziarie delle banche italiane andate in dissesto. Molti risparmiatori che hanno perso soldi comprando azioni di Veneto Banca o della Popolare di Vicenza o obbligazioni subordinate di Banca Etruria e di altre banche salvate se la stanno prendendo con gli impiegati delle filiali. Li denunciano con l’accusa di truffa per avergli proposto l’acquisto di titoli che si sono rivelati carta straccia.

Mezzo migliaio di cause

Maurilio D’Angelo, avvocato della First Cisl e membro dell’Arbitro Finanziario di Banca d’Italia, si sta occupando direttamente di una novantina di casi di bancari accusati di truffa. Sono in maggioranza dipendenti di Banca Etruria, mentre gli altri sono delle banche venete e degli altri tre istituti "salvati" nel novembre del 2015. Le denunce si stanno moltiplicando e si può stimare che oggi siano in piedi mezzo migliaio di cause di questo tipo. «Siamo agli inizi del fenomeno – conferma l’avvocato –. Ci sono circa 350 denunce ancora in corso di valutazione. Abbiamo casi impressionanti: io mi occupo di un impiegato che lavorava in una filiale dove c’erano solo lui e un’altra persona: si è già preso undici denunce».


La debolezza delle accuse

Le accuse sono un po’ deboli. Dal punto di vista formale, le azioni e le obbligazioni il cui valore è evaporato erano state esaminate dalla Consob, che ne aveva autorizzata la vendita. Inoltre, prima di acquistare quei prodotti i risparmiatori avevano ricevuto il regolamento dell’investimento che stavano facendo, firmando di averlo ricevuto e quindi confermando di avere capito cosa stavano acquistando.

Al di là della correttezza formale c’è un errore nella scelta del bersaglio. I direttori di filiale e i dipendenti delle banche non avevano informazioni sullo stato di salute del loro istituto di credito diverse da quelle che emergevano dai rassicuranti bilanci approvati dalle assemblee dei soci e certificati dalle società di revisione. Spesso gli stessi impiegati hanno comprato i titoli poi diventati spazzatura. Non solo: gli adetti allo sportello non ottenevano vantaggi economici o di carriera con la vendita di quei prodottoi finanziari. In Banca Etruria, per capirci, non vedevano un premio di produzione da oltre un decennio.

Si archivia un po' dovunque, non ad Arezzo

Molti casi sono archiviati senza nemmeno andare a processo. In Toscana ci sono anche casi di impiegati che controdenunciano i clienti per calunnia. D’Angelo ha ottenuto già poco meno di una decina di archiviazioni. L’ultima, lo scorso lunedì, è quella per il caso di una bancaria di Veneto Banca. «È del tutto verosimile, sulla base di massime di esperienza, che un semplice impiegato intenda, certamente, accreditarsi ai superiori per avere concluso contratti di finanziamento ma, allo stesso modo, è verosimile che un impiegato non sia a conoscenza delle decisioni di vertice che sarebbero state assunte dopo un anno e mezzo dal consiglio di amminsitrazione della banca e, viepiù, dall’assemblea» ha scritto il giudice delle indagine preliminari del Tribunale di Rovigo decretando l’archiviazione per «infondatezza della notizia di reato».


Le cose stanno andando un po’ diversamente ad Arezzo, dove aveva sede Banca Etruria e dove sono più numerosi i casi di risparmiatori che hanno perso somme significative. Lì sono state concentrare alcune cause e i clienti hanno ottenuto dieci rinvii a giudizio. Giovedì è iniziato il processo. «Certo, è un po’ strano che i su casi identici i Tribunali di Napoli, Isernia e Avellino abbiano deciso per l’archiviazione mentre ad Arezzo siamo andati a giudizio...» sottolinea D’Angelo, mostrandosi comunque ottimista sull’esito del procedimento appena iniziato.

Più facile prendersela con gli impiegati che con la banca

La situazione che si è creata è sgradevole. Molti bancari sono intimoriti nel loro lavoro quotidiano dal rischio di essere denunciati per vendere nel rispetto delle regole prodotti finanziari che magari si riveleranno pessimi investimenti. È un problema, conferma Giulio Romani, segretario della First Cisl: «Gli avvocati dei clienti devono capire che non possiamo fare una guerra tra poveri: dipendenti e clienti devono allearsi contro chi guadagna da certi meccanismi. Invece qualcuno spinge la gente a prendersela con i bancari semplicemente perché è più facile fare causa a un impiegato che a un istituto di credito».

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