
Un operaio forestale all'opera - Archivio
Esiste un'economia che potrebbe non solo contribuire fortemente a mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle infrastrutture del Paese, ma anche offrire nuove opportunità occupazionali, salvaguardando peraltro l’integrità del territorio (tutelato e riconosciuto perfino dalla nostra Costituzione), sempre più compromesso da fenomeni naturali e da deleteri interventi umani. È la vasta area relativa alle manutenzioni forestali e del verde, che potrebbe dare lavoro a oltre 120mila persone l'anno secondo alcune stime. Le professioni per la tutela del territorio sono quelle che si occupano della protezione e della valorizzazione del patrimonio ambientale, culturale e paesaggistico e sono diventate sempre più importanti negli ultimi decenni, per la necessità di salvaguardare le risorse naturali e culturali per le generazioni future. Rientrano in questo ambito molte figure professionali, tra cui: operai forestali, giardinieri, agronomi, architetti paesaggisti, urbanisti, ecologi, geologi.
«Nel nostro Paese si fanno grandi investimenti in opere infrastrutturali, che producono consenso e hanno forti ricadute economiche. Si fa invece poca manutenzione, perché è silenziosa e normalmente non dà consenso immediato. Ma la manutenzione è fondamentale, tanto più per gestire e sostenere le reti ad elevato grado di complessità. Prendiamo i fiumi, che rappresentano le arterie di un Paese eppure hanno scarsissima manutenzione. Se una realtà come quella di Anbi-Associazione dei consorzi di bonifica e irrigazione, fosse chiamata a una manutenzione specialistica a partire dai fiumi probabilmente molte disfunzioni verrebbero meno. Ma penso anche alla proposta fatta qualche tempo fa da Anbi sulla creazione di 10mila bacini di raccolta, gestione e utilizzo delle acque. Su tutto questo possiamo lavorare insieme, anche utilizzando l’iniziativa legislativa che l’articolo 99 della Carta costituzionale attribuisce al Cnel». Così il presidente del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro Renato Brunetta.
L’Anbi è un modello di sinergia pubblico-privato, una rete di 142 enti consortili che sono concreta espressione di sussidiarietà e che svolgono funzioni fondamentali per la difesa del suolo, la gestione dell’acqua, la salvaguardia ambientale.
Accordo Cnel-Anbi
Il Cnel e l'Anbi hanno sottoscritto un accordo interistituzionale sui temi della sostenibilità ambientale, della manutenzione del territorio, della difesa del suolo, della gestione delle risorse idriche. In particolare, la collaborazione - spiega una nota - è volta a «favorire una maggiore consapevolezza del ruolo costantemente dinamico e polifunzionale dell'attività di bonifica, nell'ambito del governo del territorio. Mira a valorizzare e migliorare la gestione della difesa del suolo e della risorsa irrigua. Ricomprende azioni comuni sul piano della programmazione e della legislazione, nonché iniziative di promozione e di sensibilizzazione sui temi della sicurezza territoriale e ambientale e sul ruolo dell'impresa agricola nella manutenzione del territorio».
È prevista anche «un'attività di analisi del fabbisogno di investimenti, di re-infrastrutturazione e ammodernamento del reticolo idraulico, per favorire un uso più efficiente della risorsa idrica in funzione delle attività economiche dei territori». L'Anbi «raffigura l'essenza stessa dei corpi intermedi: prossimità al territorio, coinvolgimento delle comunità locali, capacità di fare rete, sapersi porre come catalizzatore di competenze e di innovazione - sottolinea Brunetta -. Il Cnel, che dei corpi intermedi è la casa, compie così un altro passo lungo la strada che porta a una sempre maggiore valorizzazione delle rappresentanze sociali».
«Siamo convinti - dice il presidente di Anbi Francesco Vincenzi - che la collaborazione con il Cnel contribuirà a fare emergere anche il nostro tassello in quell'Italia dei corpi intermedi, tanto cara al presidente Brunetta e che silenziosamente agisce ogni giorno per garantire la democratica operatività dell'Italia e la cui funzione, di assoluta attualità e utilità concreta, si evidenzia soprattutto nei momenti di bisogno. Dobbiamo trasformare problemi epocali in opportunità, attuando soluzioni invece di limitarci alla ricerca dei colpevoli. Per questo, siamo orgogliosi di vederci affiancati al Cnel nel sostenere la necessità di valorizzare l'economia della manutenzione del territorio, indispensabile di fronte alla crisi climatica».
D'altronde - osserva Anbi in una nota - sono i dati a dimostrarne la necessità. Secondo un rapporto del Censis, infatti, negli scorsi 40 anni, il 30% dei danni provocati da eventi estremi a imprese nell'Unione Europea si è registrato in Italia, dove il 25% delle aziende si trova in territori a rischio di frane e alluvioni. Nel più recente biennio, il valore complessivo dei danni diretti e indiretti, causati dall'estremizzazione degli eventi meteorologici (frane, alluvioni e siccità) all'agricoltura e alla filiera agroalimentare del nostro Paese, è stimato in circa 30 miliardi di euro con conseguenze economiche, che si ripercuoteranno anche sugli anni successivi. Tredici miliardi è l'entità dei danni causati all'agricoltura dalla siccità lungo lo Stivale nel periodo autunno 2021- estate 2023: minori rese produttive, mancata produzione, maggiore costo energetico; rappresenta circa il 10% circa del pil generato dal comparto.