giovedì 13 ottobre 2016
L'Italia che innova: da un polpo il robot più soft del mondo
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La rivoluzione morbida e flessibile della robotica del futuro è made in Italy. Il nostro Paese è già fra i primi al mondo sul fronte della produzione di robot industriali, il secondo in Europa dopo la Germania, ma già da alcuni anni vanta un altro importante primato: quello della soft robotics, ossia la robotica morbida che prende a modello la natura e gli animali per imitarne forme e movimenti. A studiarla in Italia è l’Istituto di Biorobotica della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa che da anni è al lavoro su una nuova robotica che promette di mettere da parte materiali rigidi e bulloni per lasciare spazio a forme e movimenti flessibili. Una disciplina oggi studiata in molte università di tutto il mondo e che coinvolge una comunità internazionale di scienziati e ricercatori. Proprio da Pisa è arrivato uno dei primi brevetti di robot flessibile, realizzato in collaborazione con l’Istituto italiano di tecnologia di Genova. L’ispirazione è arrivata dal mare, più precisamente dal polpo: il primo soft robot ha infatti una forma simile a un tentacolo e le fibre 'intrecciate' da cui è formato gli permettono di allungarsi e curvarsi evitando con precisione ogni ostacolo. La 'mente' di questo progetto è Cecilia Laschi, professore ordinario presso l’Istituto di Biorobotica del Sant’Anna che ha dato vita a un nuovo approccio multidisciplinare per trovare nuovi materiali sintetici in grado di replicare il comportamento dei tessuti del polpo che oggi viene realizzato con il silicone. «Il limite strutturale dei robot è stato fino a oggi proprio la loro rigidità e la capacità limitata di deformarsi e adattarsi», dice la ricercatrice che lo scorso dicembre è stata anche inserita – insieme alla collega italiana dell’Iit di Pontedera, Barbara Mazzolari – nella speciale classifica stilata da RoboHub delle 25 scienziate geniali al mondo che «hanno dato un contributo decisivo alla robotica». E questo primo prototipo di 'polpo flessibile' l’ha realizzato proprio insieme a Barbara Mazzolari, biologa marina di professione: «Abbiamo unito la sua competenza alla mia formazione informatica e robotica condita da un approccio proprio delle neuroscienze», racconta Laschi. L’obiettivo della soft robotics, spiega la ricercatrice, è ripensare la fisicità dei robot, aggiungendo delle funzioni di adattamento all’ambiente e di controllo del movimento. Una visione che stravolge tutte le teorie e le tecniche ingegneristiche e meccatroniche finora codificate e che pone molteplici sfide, non solo tecnologiche. «Servono competenze diverse e interdisciplinari: ingegneria, meccanica, ma anche scienza dei materiali, biologia e biomedicina», dice Laschi, spiegando che oggi una figura ideale per lavorare in questo ambito è quella dell’ingegnere biomedico. La 'rivoluzione morbida' lanciata dalla ricercatrice italiana ha prospettive inimmaginabi-li: i soft robot possono mutare forma o dimensione, avvolgere oggetti o interagire con gli essere umani in modo sicuro. Il problema, sottolinea Laschi, è che questo comporta anche lo sviluppo di nuove tecnologie capaci di animare materiali flessibili e monitorare e prevedere le loro azioni. Ma se questa 'teoria' dovesse davvero diffondersi, i robot soffici potrebbero essere usati in diversi ambiti: dai soccorsi, all’aiuto domestico e fino all’ambito industriale. «Quando ho iniziato a lavorare sul polpo mi è stato più volte chiesto a cosa potesse servire. Io non ci pensavo: per me era una sfida di per sé, ma ero sicura che se fosse riuscito ad affermarsi avrebbe potuto avere numerose applicazioni », dice Laschi. Una prima rivoluzione che, più di altre, sembra a portata di mano è quella della medicina che grazie a strumenti di questo tipo potrebbe presto permettere di effettuare operazioni chirurgiche oggi impossibili o particolarmente rischiose o somministrare un farmaco direttamente dove serve, riducendo al minimo l’invasività.   In questa direzione sempre da Pisa è partito un progetto per realizzare un 'endoscopio a rigidezza variabile' e, all’interno del progetto Stiff-Flop, coordinato dal King’s College di Londra e del quale l’Italia è partner con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, è nato il primo strumento chirurgico del futuro. Si tratta di un robot soffice erede del 'polpo' costruito da Laschi: è capace di modificare la sua forma allungandosi, accorciandosi o schiacciandosi per penetrare nel corpo umano e aggirare gli organi. In un futuro non molto lontano potrebbe entrare in sala operatoria.
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