venerdì 11 ottobre 2013
​Iniziata la XIII edizione del tradizionale appuntamento promosso da Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit) che riunisce annualmente i maggiori rappresentanti del mondo del Terzo Settore, dell’Università, delle istituzioni e delle imprese.
COMMENTA E CONDIVIDI
Nell'arco di dieci anni le cooperative sociali sono cresciute del +53%, il 60% circa sono di tipo A e quasi il 31% di tipo B. Il resto è composto da cooperative miste. Lo ha sottolineato Massimo Lori dell'Istat aprendo i lavori della sessione pomeridiana delle Giornate di Bertinoro per l'economia civile di Aiccon (Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit) con un approfondimento che parte dai dati dell'ultimo censimento. Tra il 2001 e il 2011 le piccole cooperative sociali raddoppiano al Sud, ma hanno un indice di sopravvivenza solo del 56%, mentre nel Nord-ovest e nel Nord-est sono in crescita le grandi cooperative sia in termini di dipendenti che di proventi. I fattori di crescita principali sono rappresentati dall'azione di networking , l' adesione a consorzi è strategica (55,4% di quelle in crescita nel 2011); dalla stipulazione di contratti con il pubblico (90,5% nel 2011, 78,3%nel 2005); dall'innovazione dei servizi, le cooperative sociali che nel 2005 avevano innovato sono prevalenti tra quelle in crescita. "Le imprese sociali risentono della crisi e della stretta dipendenza dalla committenza pubblica, ma mostrano una tenuta occupazionale ancora migliore rispetto al resto dell'economia italiana". A dirlo oggi il segretariogenerale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, intervenendo alle Giornate di Bertinoro per l'economia civile, promosse dall'Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit. "Stimiamo - spiega - che le quasi 15mila imprese sociali con almeno un dipendente (composte soprattutto da cooperative sociali) presenti nei registri delle Camere di commercio impieghino, nel complesso, 435mila lavoratori. Sia per l'affacciarsi sul mercato di nuove imprese sociali, sia per l'aumento occupazionale di quelle già esistenti, dal 2008 al 2012 i dipendenti nel mondo delle imprese non profit sono aumentati di quasi il 6% l'anno, ben più di quanto hanno messo a segno tutte le altre aziende italiane"."Una crescita - fa notare Gagliardi- legata alla diffusa esternalizzazione di servizi da parte della pubblica amministrazione, non accompagnata però da un credito capace di accompagnare la crescita di questo settore e in uno scenario caratterizzato dalla continua riduzione di finanziamenti pubblici. È per questi motivi, e non solo per le difficoltà dello scenario economico, che nel 2013 le imprese sociali prevedono una flessione occupazionale di 5.400 lavoratori dipendenti (-1,2%). Un dato negativo certo, ma molto inferiore a quello prospettato dall'insieme delle imprese italiane, i cui dipendenti quest'anno caleranno del -2,2%". Continua ad aumentare anche nel 2013 la domanda di figure di profilo elevato: le professioni intellettuali,scientifiche e tecniche raggiungono il 34% delle assunzioni (contro il 23% del totale delle imprese), a fronte di un 27% rilevato nel 2006. I laureati rappresentano quest'anno il 28% delle entrate programmate, quasi il doppio della media delle imprese italiane e ben dieci punti percentuali in più di quanto avvenuto nel 2006. Più diffusa è poi l'offerta di formazione continua ai dipendenti: il 54% delle imprese sociali ha realizzato nel 2012 attività formative per i propri dipendenti, a conferma di una sempre maggiore attenzione prestata al miglioramento delle competenze tecniche e delle capacità professionali delle risorse umane già presenti in azienda, oltre che al livello di qualificazione delle nuove assunzioni.Per il segretario generale di Unioncamere, Claudio Gagliardi, "la tenuta e la piena affermazione dell'impresa sociale in Italia passano però anche attraverso una profonda riflessione sul suo ruolo all'interno delle politiche di sviluppo locale, individuando strumenti innovativi per sostenere l'imprenditorialità e la microimprenditorialità". Per questo, Unioncamere ha promosso l'iniziativa di sistema Start up imprenditoria sociale, il cui obiettivo è favorire la nascita di 400 nuove imprese sociali. Le Camere che partecipano al progetto stanno procedendo, in questa prima fase (il bando per la ricezione delle candidature chiude il 21 ottobre prossimo), alla selezione degli aspiranti imprenditori sociali che potranno beneficiare di informazioni e orientamento di base per l'avvio d'impresa, nonché di formazione e accompagnamento alla elaborazione del loro business plan. Già da una prima analisi delle domande a oggi pervenute è possibile tracciare alcune delle tendenze evolutive del mondo delle imprese sociali. A partire dalla diffusione sempre più evidente in ambiti quali il turismo sociale o la tutela ambientale. Molti candidati, poi, dichiarano di aver già maturato esperienze nel sociale, spesso legate al volontariato, e vogliono far diventare un lavoro le proprie competenze. Per il sostegno dell'imprenditorialità sociale, occorre poi favorire forme di collaborazione con il sistema del microcredito. Per questo, Unioncamere e Banca Etica hanno recentemente sottoscritto un protocollo di intesa con il quale vogliono integrare i servizi di informazione, formazione, orientamento, accompagnamento e assistenza tecnica per l'avvio di nuove attività imprenditoriali sociali offerti dalle Camere di commercio con l'offerta da parte di Banca Etica di un pacchetto integrato di prodotti di microcredito specificatamente dedicato all'imprenditoria sociale."Le Camere di commercio - conclude Gagliardi - sono il soggetto in grado di rafforzare l'indispensabile triangolazione tra chi produce beni economici e chi produce beni sociali: fra imprese profit, mondo del non profit e istituzioni. La Camera può rappresentare la casa che sostiene lo sviluppo delle imprese sociali e del non profit, un indispensabile tassello nel nuovo modello di sviluppo dell'Italia basato sulla qualità, sulla sostenibilità, sulla cultura dei territori: perché la coesione e il benessere sociale non sono ininfluenti rispetto alla creazione di ricchezza, come dimostra l'esperienza dei nostri distretti produttivi, dell'imprenditorialità diffusa, delle aziende familiari".
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: