sabato 18 novembre 2017
Per il presidente di Mcl, che ieri ha aperto i lavori del Consiglio nazionale, «giovani e lavoro sono vera emergenza, la politica non perda tempo»
Il presidente del Movimento cristiano lavoratori Carlo Costalli

Il presidente del Movimento cristiano lavoratori Carlo Costalli

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Nel giorno in cui i poveri sono i protagonisti, il presidente del Movimento Cristiano Lavoratori chiede al governo di affrontare il dramma della povertà a partire dalla legge di stabilità.

C’è il rischio che la giornata dei poveri sia un’occasione sprecata?

Certamente, se non ci mettiamo in condizione di cambiare una situazione agghiacciante, in cui il 33,7% dei giovani italiani è a rischio di povertà ed esclusione sociale, come attesta la Caritas. In questi anni, gli uffici dei nostri patronati, come tante altre antenne del Terzo settore, hanno intercettato e denunciato questo declino, ma non siamo stati ascoltati. Si è preferito il solito giochetto politico del panem et circenses.

Prego?

Ma vi pare che un Paese come il nostro possa pensare di risolvere il problema della povertà con 80 euro una tantum?

Quindi accusa il governo Renzi di aver sottovalutato la crisi?

Sarebbe ingeneroso attribuire al segretario del Pd tutte le colpe, ma è un dato di fatto che abbia dissipato il consenso ampio di cui godeva senza mettere mano a quelle riforme strutturali di cui vi è gran bisogno, che l’Europa invoca dal nostro Paese e che neanche l’esecutivo guidato da Gentiloni sembra in grado di assicurare.

Il premier ha esposto dati diversi.

Francamente, non capisco la sua euforia su alcuni dati positivi dell’Istat sulla ripresa economica: restiamo in coda, se non proprio fanalini, e quel pochissimo che riprendiamo lo dobbiamo a Draghi e a provvedimenti una tantum, che ci costeranno altro deficit.

Costalli sulla linea del "falco" Katainen?
Un po’ mi ripugna trovarmi d’accordo con i ragionieri di Bruxelles, tuttavia l’accusa del vice presidente della Commissione europea apre uno scenario greco e inquietante, perché se non rimettiamo a posto i conti prima o poi ci costringeranno a tagliare il welfare: una politica troppo ottimista non aiuta le fasce deboli della popolazione, a partire dai giovani che rischiano l’esclusione sociale. Impariamo, semmai, dai francesi, i quali hanno compreso che una legge può creare lavoro ma poi, per mantenerlo, bisogna concentrarsi sui fattori di sviluppo; diversamente si crea solo precariato.

Cosa aiuterebbe i giovani a evitare la povertà?
Le politiche per l’occupazione debbono andare oltre il Jobs Act, dal momento che la fine degli incentivi ha coinciso con una rapida ripresa del lavoro a termine che ogni mese tocca un nuovo record. Non è e non sarà mai un fattore di dinamismo, se non sviluppiamo un sistema di politiche attive del lavoro e di interventi formativi in grado di accompagnare il lavoratore nella transizione tra diverse fasi della sua carriera! Oltre ai giovani che non riescono a entrare nel mercato del lavoro ci sono gli over 50 che non riescono a rientrarvi se ne vengono espulsi: con le nuove regole del Jobs Act, la cassa integrazione si sta esaurendo definitivamente in molte imprese in crisi. Bisognerebbe aver il coraggio politico - a partire dalla legge di stabilità - di affrontare questi problemi. Purtroppo, non mi sembra che ci sia la volontà politica, prova ne sia che le conclusioni della Settimana Sociale e della Conferenza sulla Famiglia non sono state ancora recepite.

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