martedì 5 settembre 2017
Sentenza della Corte europea sul licenziamento di un ingegnere rumeno che aveva scritto ai familiari
Controllare la mail dei dipendenti è una violazione della privacy
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Controllare la posta elettronica dei propri dipendenti è una violazione della privacy. La Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha stabilito che monitorare le comunicazioni di un impiegato sul posto di lavoro (dalle mail ai messaggi sul cellulare) equivale a calpestare il suo diritto ad avere una vita privata e una propria corrispondenza. Con una sentenza definitiva la corte ha condannato la Romania per violazione dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani.

La vicenda al centro del pronunciamento, destinata a fare "scuola", risale a dieci anni fa ed ha come protagonista Bogdan Mihai Barbulescu, cittadino rumeno di 38 anni che vive a Budapest. Per tre anni (da agosto del 2004 allo stesso mese del 2007) ha lavorato in un’impresa privata come ingegnere incaricato delle vendite. Su richiesta del datore di lavoro aveva creato un account Yahoo Messenger per rispondere alle richieste dei clienti. Il 3 luglio del 2007 l’impresa aveva fatto circolare un avviso tra gli impiegati comunicando che l’uso di internet, telefono e fotocopiatrice per ragioni private poteva costituire causa di licenziamento per ragioni disciplinari. Detto fatto. Dieci giorni dopo il giovane ingegnere è stato convocato, accusato di aver usato la posta elettronica per ragioni personali (comunicazioni con il fratello e la fidanzata) e poi licenziato senza colpo ferire. Secondo la Corte di Strasburgo (che ha stravolto una precedente sentenza), le comunicazioni sul posto di lavoro rientrano nel concetto di «vita privata» e «corrispondenza» tutelati dall’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani. E quindi non possono essere spiate.

I giudici hanno stabilito che «un datore di lavoro non può ridurre a zero la vita sociale privata di un impiegato». I messaggi ai familiari, insomma, non sono un reato neanche se inviati dal cellulare o dal computer dell’ufficio. Ma fanno parte della vita quotidiana di un lavoratore.Per i giudici di Strasburgo sarebbe dovuto intervenire lo Stato a tutelare il dipendente che subito aveva fatto ricorso contro il licenziamento. Le autorità nazionali, sostiene la Corte europea, hanno il dovere di trovare un equilibrio tra interessi contrastanti: il diritto del lavoratore al rispetto per la vita privata e quello del datore di lavoro di adottare misure per garantire il corretto funzionamento dell’impresa. Pur riconoscendo che il datore di lavoro possa limitare l’uso delle comunicazioni elettroniche, la Corte ha stabilito che le autorità rumene non sono state in grado di determinare se il signor Barbulescu sia stato informato sulla natura e l’estensione del controllo a cui era stato sottoposto.

Tra le altre cose, l’azienda avrebbe dovuto comunicare i controlli prima di procedere ed effettuarli solo «per evitare che i sistemi di telecomunicazione della società siano danneggiati o che vengano condotte online attività illegali». E non ci sono elementi che suggeriscano che il signor Barbalescu abbia esposto l’impresa per cui lavorava a questi rischi. Le autorità rumene, inoltre, non hanno verificato se gli obiettivi perseguiti dal datore di lavoro con il monitoraggio delle comunicazioni private non potessero essere realizzati come metodi meno intrusivi.<+RIPRODUZ_RIS>

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