domenica 11 novembre 2018
Il report di Roland Berger: l'obiettivo è chiaro, ma non la strada per arrivarci. Infrastrutture inadeguate e norme arretrate i freni per il nostro Paese
Lo stabilimento Honda a Dongfeng (Cina)

Lo stabilimento Honda a Dongfeng (Cina)

COMMENTA E CONDIVIDI

La mobilità del futuro, al momento, sembra una sfida più grande di noi. L’Italia è in netto ritardo: nel resto del mondo la rivoluzione è già in atto, e l’obiettivo è chiaro per tutti, ma non altrettanto la strada per arrivarci. Lo dicono i numeri, prima di tutto: il nostro Paese è penultimo nella classifica stilata da Roland Berger, società tedesca di consulenza strategica, nel quarto report “Automotive Disruption Radar” sulla mobilità condivisa e la guida autonoma.

Determinante lo stato delle infrastrutture, insufficienti e spesso arretrate. Parlando di mobilità elettrica, la peggiore rete pubblica di tutta Europa appartiene proprio all’Italia con appena 0,4 stazioni di ricarica ogni 100 km. A conti fatti nemmeno una ogni 200 km di strade. Per fare un confronto, in Germania la media è di 4,5 stazioni ogni 100 km e dunque oltre 10 volte il risultato italiano. Mentre la Francia è a quota 2,3. Altra pecca: il quadro normativo ancora non in linea con la rivoluzione tecnologica in atto, pur con un importante passo segnato dal decreto Smart Road varato nel corso del 2018 che consente l’effettuazione di test per la circolazione delle auto a guida autonoma.

Nonostante l’automobile privata resti a livello mondo la scelta preferita dai consumatori, con gli Stati Uniti campioni di auto di proprietà (85% sul totale popolazione), la mobilità condivisa non è più invece un fenomeno di nicchia. Emblematico l’esempio dell’India dove addirittura un quarto degli intervistati ricorre abitualmente a soluzioni di car sharing e/o ride hailing. Va peggio in Europa occidentale attualmente ferma al 5%, al pari di Giappone e Corea del Sud. In totale sono 13mila i consumatori in 14 Paesi presi in esame dagli analisti di Roland Berger, su un totale di 26 indicatori industriali suddivisi in 5 maxi-categorie: interesse del consumatore, regolamentazione, infrastruttura, tecnologia e attività industriale. Il tutto in un quadro di grande incertezza per il mondo dell’auto alle prese con uno scenario che cambia per la necessità di adeguarsi alla norme anti-inquinamento imposte soprattutto in Europa e alla mostruosa necessità di investimenti richiesti ai costruttori per adeguarsi.

«L’apparente arretratezza dell’Italia nel percorso di realizzazione della mobilità del futuro non è di per sé un elemento negativo, perché il Paese dispone di molte eccellenze in ambiti tecnologici promettenti che sapranno conquistarsi la propria quota di valore. Ma, in un quadro di generale incertezza ed ambiguità, è decisivo che si abbia consapevolezza dello scenario e la volontà di rafforzarsi e ammodernarsi», dice Andrea Marinoni, Senior Partner di Roland Berger. Occorre cioè «che il Paese si doti di una vera politica industriale sulla mobilità del futuro, incoraggiando la realizzazione di un ecosistema che esalti le qualità delle nostre imprese e accelerando l’innovazione a partire dagli investimenti».

Lo scenario dell’indagine mostra invece quanto velocemente si stia muovendo la Cina. Quello che ormai è il più grande mercato automobilistico mondiale, ha allungato il suo distacco rispetto al secondo classificato in modo assolutamente sorprendente. In soli sei mesi, il gigante asiatico è passato da uno a cinque punti di distanza da Singapore nella classifica generale. Delle 700 mila vetture elettriche vendute a livello mondo, più della metà sono state piazzate sul mercato cinese. E il 65% degli intervistati cinesi pensa che la sua prossima macchina sarà elettrica. In Europa tale desiderio è espresso solo dal 30% del campione. Anche in materia di guida autonoma, la Cina ha dimostrato un grande interesse verso i veicoli self-driving e ha stilato linee guida standardizzate per la sperimentazione. Il quadro normativo è più aperto e duttile rispetto a quello degli altri Paesi e ha permesso ad aziende come Daimler e Bmw di attivare sperimentazioni su veicoli autonomi a Pechino e Shanghai. Secondo Francesco Campagna, partner di Roland Berger «la Cina, nonostante il maggior numero di punti ricarica già presenti sulle proprie strade rispetto a quelli attivi in tutti gli altri Paesi del mondo con 272 stazioni ogni 100 km, continuerà a sviluppare le proprie infrastrutture, dalle colonnine di ricarica fino alle autovie per i veicoli autonomi, diventando sempre più l’esempio da seguire per tutti i mercati avanzati dell’auto».

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: