martedì 16 luglio 2013
L’ipotesi di introdurre maggior flessibilità negli accordi in vista dell’evento milanese divide la maggioranza Il Pdl si schiera dalla parte di Confindustria, il Pd appoggia Cgil, Cisl e Uil Squinzi: non si può restare nello status quo. Bonanni: no a grimaldelli pensati per modificare le norme Il governo prova a mediare con Giovannini.
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Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini convoca per questa mattina sindacati e imprese e si dice pronto a introdurre forme di maggiore flessibilità «buona» in vista dell’Expo 2015, pur escludendo un intervento di «deroga generalizzata». La strada però non è agevole: tanto le parti sociali che la maggioranza che sostiene il governo sono divise sul da farsi. Sul tavolo c’è soprattutto la questione dei contratti a termine. Il mondo delle imprese chiede una sorta di «liberalizzazione» legislativa nel limite dei 36 mesi: entro questa durata i contratti potrebbero essere rinnovati senza restrizioni e causali e con pause minime (5 giorni) tra l’uno e l’altro. Una posizione che trova appoggio in Parlamento nel Pdl. Mentre il mondo sindacale (con diverse gradazioni al suo interno) frena, temendo una nuova ondata di precarizzazione del lavoro e trova sponda nel Pd.Il veicolo per introdurre le novità è il decreto varato a fine giugno dal governo che questa settimana arriva in Senato atteso da una montagna di emendamenti. Nel Dl che stanzia incentivi per l’assunzione di giovani a tempo indeterminato era prevista fin dall’inizio una normativa specifica per l’Expo ma fu stralciata all’ultimo momento dal testo per le divisioni nel governo. Il decreto peraltro già introduce una maggiore libertà nell’utilizzo dei contratti temporanei: l’intervallo di tempo tra un contratto e quello successivo torna infatti a 10 giorni (20 se la durata supera i 6 mesi) invece dei 60-90 giorni della legge Fornero. E si dispone che le parti sociali possano intervenire con la contrattazione per superare il divieto di proroga dei contratti senza causale dopo i primi 12 mesi.Norme generali accanto alle quali potrebbe essere introdotta ora la sperimentazione di una maggiore flessibilità in relazione all’evento dell’Expo milanese. «Sono sicuro che troveremo una soluzione equilibrata», assicura il ministro Giovannini puntando a privilegiare i «contratti flessibili "buoni" e non le false partite Iva». Una soluzione che secondo il sottosegretario al Lavoro Carlo Dell’Aringa (Pd) va cercata nel solco degli accordi sulla contrattazione e la rappresentanza firmati da tutte le parti. «Bisogna smorzare i toni e cercare soluzioni di compromesso, senza riaprire lo scontro ideologico», afferma il senatore ed economista. La strada può essere quella, spiega, di dare alle parti sociali la possibilità di contrattare deroghe alle norme generali sui contratti da applicare poi nei territori e nei settori legati all’evento milanese. «Ma nessuno si metta in mente di riaprire una partita sulla riforma Fornero», aggiunge rivolto alle imprese.Su questa lunghezza d’onda sta già la Cisl di Raffaele Bonanni che auspica una «soluzione equilibrata da trovare tra le parti», mentre l’Expo non deve diventare un «grimaldello per modificare per legge le regole del lavoro». Inoltre secondo il leader Cisl «la flessibilità va retribuita di più». Un nuovo altolà al governo arriva dal segretario della Cgil Susanna Camusso: «Non si affronta il problema della disoccupazione continuando ad alimentare forme di flessibilità», sottolinea, «siamo un Paese che ha già una altissima precarietà, elemento di debolezza del sistema dei servizi». La Cgil non chiude però tutte le porte invitando a distinguere tra la discussione generale e un accordo per governare il periodo dell’Esposizione «attraverso percorsi legislativi che diano certezza, non incertezza ai lavoratori». Il leader della Uil Luigi Angeletti accusa Confindustria che è, afferma il sindacalista, «acquiescente verso la politica» e appoggia «soluzioni di ripiego che non hanno mai risolto nulla, come la flessibilità». Al contrario il numero uno di Confidustria Giorgio Squinzi ieri è intervenuto per sottolineare che «non si può restare nello status quo, bisogna dare dei segnali di svolta». Squinzi invita i sindacati ad abbandonare «posizioni preconcette» perché «se non acquistiamo competitività saremo condannati al declino». Al tavolo del ministero approdano dunque posizioni lontane. Con tutta probabilità non si arriverà subito a una soluzione definitiva.
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