venerdì 1 aprile 2016
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BRUXELLES Rivedere il modo in cui viene calcolata la crescita potenziale, in modo da avere percorsi di aggiustamento più realistici e meno penalizzanti. È il messaggio che il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha inviato in una lettera firmata insieme ai colleghi di Spagna, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Portogallo, Slovenia e Slovacchia, indirizzata al vicepresidente della Commissione Europea, Valdis Dombrovskis, responsabile dell’Euro, al commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e al presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem. Al centro, un criterio all’apparenza tecnico, ma di cruciale importanza: l’output gap, il «divario di Pil», una formula per calcolare la differenza tra la crescita potenziale e quella effettivamente realizzata. È cruciale perché serve a calcolare il deficit strutturale, quello cioè al netto di fattori ciclici e una tantum, essenziale per valutare il rispetto del Patto di stabilità. Più grande è l’output gap, maggiori sono i fattori ciclici da detrarre dal deficit strutturale, che in questo modo diventa più piccolo, richiedendo minori aggiustamenti. L’Italia contesta da tempo i metodi, già nell’ottobre 2014 aveva inviato una lettera a Bruxelles lamentando che le stime sul Pil potenziale italiano sono troppo negative (riducendo dunque l’output gap). La Commissione rispose che il metodo di calcolo è «concordato da tutti gli stati membri». Solo pochi giorni fa Padoan, in un’intervista a Le Figaro ha lamentato che lo sforzo di aggiustamento chiesto all’Italia è «deformato da considerazioni statistiche», imponendo all’Italia «aggiustamenti dolorosi» che recano al paese «maggior danno rispetto ad altri ». Il ministro per ora non insiste sulla modifiche del metodo, piuttosto nella lettera con gli altri sette chiede una modifica «senza alterare la metodologia condivisa a livello Ue», e cioè«l’armonizzazione dell’orizzonte temporale adottato dalla Commissione nelle sue previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica con quello dei programmi di stabilità e di convergenza» degli Stati membri: la Commissione usa un periodo di due anni, gli stati di quattro. Una divergenza, scrivono gli otto, che «produce discrepanze rilevanti nei bilanci strutturali, generando confusione nella valutazione delle variabili chiave di finanza pubblica, in particolare nella valutazione del rispetto del patto di stabilità». La richiesta è che Bruxelles estenda la propria valutazione a quattro anni. Secondo prime stime, l’allungamento per l’Italia porterebbe all’aumento dell’output gap di 7-8 decimi di punto, comportando dunque minori sforzi di aggiustamento. «Serve intelligenza per ridurre il debito – ha affermato a Harvard il premier Matteo Renzi – se lo riduciamo al livello previsto dal Fiscal compact l’economia morirebbe e potremmo dire: l’operazione è andata bene ma il paziente è morto». © RIPRODUZIONE RISERVATA IL MINISTRO. Pier Carlo Padoan
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