giovedì 7 novembre 2019
Il governo respinge i «ricatti inaccettabili» di Arcelor Mittal, ma rilancia la trattativa e riapre lo scudo penale. Cinquemila gli esuberi. Ultimatum all’azienda: due giorni per una nuova proposta
Conte: patti sull'ex Ilva da rispettare
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« È una vertenza che sta particolarmente a cuore al governo, riteniamo quel polo industriale di interesse strategico per il Paese. Per il governo rilanciare l’Ilva e Taranto è una priorità. Nessuno ha costretto Arcelor Mittal a partecipare a una gara con regole chiare e trasparenti. Chiediamo il rispetto del piano industriale e ambientale». Lo ha affermato il premier Giuseppe Conte in una conferenza stampa a Palazzo Chigi nella tarda serata di ieri dopo tre ore di faccia a faccia con il patron del colosso franco-indiano, Lakshmi Mittal, e con il figlio Adyta. L’esecutivo ha anche dichiarato la disponibilità a reintrodurre lo scudo penale, ma è emerso chiaramente nel corso della discussione alla presenza dei ministri coinvolti che lo scudo «non è la vera causa del disimpegno e del recesso». Arcelor Mittal, infatti, ha opposto non solo ragioni di tutela legale, ma anche e soprattutto «ragioni di mercato». Tradotto: l’azienda non si accontenta di un decreto che reintroduca lo scudo, vuole anche ridurre gli occupati negli stabilimenti tarantini con una valutazione di 5mila esuberi.

«È una vertenza industriale, non altro – ha precisato il ministro per lo Sviluppo economico Stefano Patuanelli –. Arcelor Mittal ha chiarito che a prescindere degli elementi di contorno, il problema era la produzione industriale. Ha dichiarato che vi era la non capacità di rispettare il piano industriale e ha limitato la produzione a 4 milioni tonnellate con 5mila persone in meno. Ma non garantendo la continuità produttiva non si continua a investire sul piano ambientale». Accettare tali condizioni vorrebbe dire mettere mano alla cassa pubblica, per mantenere gli attuali livelli occupazionali o per un programma di tutele a lungo termine.

Conte parla di «ricatti inaccettabili » schierandosi con fermezza al fianco dei lavoratori con toni anche duri («non ci lasceremo prendere in giro»), ma mentre chiede al Paese compattezza sulla difesa del grande centro siderurgico e di Taranto sta ben attento a lasciare aperti spazi di trattativa dando all’azienda due giorni di tempo per presentare una nuova proposta e dicendosi disponibile a riaprire lo «scudo penale» precedentemente messo in discussione. La già difficile operazione di rammendo politico nella maggioranza si complica ulteriormente. Al punto che lungo la giornata, dietro il caso dell’ex Ilva, si affaccia l’ombra di una crisi di governo per evidenti divergenze sulla politica industriale, con Pd e Iv (stavolta) uniti contro M5s. Dall’altro lato, però, nel momento in cui Arcelor Mittal mette sul campo il vero tema – la riduzione del numero dei lavoratori – aiuta Pd, M5s e renziani a superare il conflitto sullo «scudo penale» e a ricompattarsi intorno alla difesa dei livelli occupazionali.

In qualche modo, è il ragionamento che si fa a tarda ora a Palazzo Chigi, l’azienda ha voluto lanciare un messaggio: benché nei pareri legali reputi lo scudo «essenziale», sarebbe in realtà disposta ad avere delle tutele in meno purché si apra un negoziato per ridurre la forza lavoro. Il premier e la maggioranza hanno bisogno di riflettere, e la via d’uscita più comoda è la convocazione di un altro tavolo con la proprietà di AM accompagnato dalla richiesta ufficiale di ritirare la procedura di restituzione degli impianti ai commissari. Il premier ha anche annunciato per oggi una chiamata «a raccolta dell’intero sistema Paese. Il governatore, il sindaco di Taranto, i sindacati. Ci sarà un vertice nel pomeriggio». La rigidità del colosso franco-indiano potrebbe aiutare l’esecutivo a recuperare un filo di compattezza. Conte sta cercando di fare moral suasion sui partner di maggioranza e ha chiesto di evitare «posizionamenti elettorali» che indeboliscono la linea del governo e quindi «danneggiano i lavoratori e Taranto». Parole che il premier ha detto per sopire la complessa situazione che si è creata intorno allo scudo: se viene reintrodotto, pezzi di M5s (al Senato si conta una componente Lezzi con quasi 20 parlamentari) sono pronti a votare contro; se non viene reintrodotto, il Pd è pronto a trarre le conseguenze o a spingersi oltre, andando a cercare insieme a Italia Viva i voti di Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia.

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