giovedì 16 dicembre 2010
«La contrazione economica è stata violenta: -6,8% il Pil da massimo a minimo, 35 trimestri perduti». Lo afferma il Centro studi dell'associazione degli industriali, sottolineando che «il recupero si dimostra indeciso e lentissimo: +1,5% finora». Così, spiegano gli economisti di via dell'Astronomia nel rapporto di autunno, «non si ritornerà sui valori prerecessivi che nella primavera del 2015».
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«L'Italia, ancora una volta, rimane indietro, replicando la cattiva performance che ha manifestato dal 1997 in avanti», indica il Centro studi di Confindustria. Che nel rapporto di dicembre sottolinea: «Aumenta il conto delle riforme mancate o incomplete o inadeguate rispetto a quanto realizzato dai partner-concorrenti», come la Germania. Perchè «il miracolo tedesco ha poco del miracoloso e molto del faticoso. Non è un fuoco di paglia», non è «né accidentale né episodico» ma «frutto dei mutamenti strutturali».L'Italia invece «delude. La frenata estiva e autunnale è stata decisamente più netta dell'atteso e il 2010 si chiude con produzione industriale e Pil quasi stagnanti. La malattia della lenta crescita non è mai stata vinta, come la migliorata dinamica della produttività nel 2006 e nel 2007 aveva lasciato sperare. Il comportamento durante la crisi ha dissipato ogni dubbio al riguardo». Con la crisi «la contrazione economica è stata violenta: -6,8% il Pil da massimo a minimo, 35 trimestri perduti». Lo sottolinea il Centro studi di Confindustria sottolineando che «il recupero si dimostra indeciso e lentissimo: +1,5% finora». Così, spiegano gli economisti di via dell'Astronomia nel rapporto di autunno, «non si ritornerà sui valori prerecessivi che nella primavera del 2015. Per riagguantare entro la fine del 2020 il livello del trend, peraltro modesto, registrato tra 2000 e 2007, l'Italia dovrebbe procedere d'ora in poi ad almeno il 2% annuo». Un obiettivo «raggiungibile in un arco di tempo ragionevole, come insegna la lezione tedesca, entro il 2012 secondo gli stessi documenti governativi». Ma «per coglierlo gli strumenti messi in campo appaiono insufficienti». Con la crisi, dal primo trimestre 2008 al terzo trimestre 2010, inoltre, il numero di occupati in Italia è diminuito di 540mila, senza contare le ore di Cig che hanno un impatto pari a 480mila unità di lavoro. Lo calcola il centro studi di Confindustria, stimando che «il numero delle persone occupate continuerà a diminuire nel 2011», con un calo atteso dello 0,4%. Il tasso di disoccupazione toccherà il 9% nel quarto trimestre 2011, e «inizierà a scendere molto gradualmente nel corso del 2012». Il numero dei disoccupati è a ottobre 2010 (2,167 milioni) "più del doppio rispetto ad aprile 2007.IL COMMENTO DELLA MARCEGAGLIA«Dai dati emerge che l'Italia continua a crescere troppo poco», dice la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, commentando il rapporto di dicembre del Centro studi di via dell'Astronomia, che ha tagliato le stime sul Pil. «Abbiamo rivisto al ribasso la crescita» prevista per quest'anno e per il 2011, dice la leader degli industriali: «Si conferma una crescita troppo bassa Italia, non siamo solo sotto la Germania ma anche sotto la media europea, questo è un problema serio».  La crescita lenta «è un problema  per il tasso di disoccupazione che rimane alto» ed è «un problema per le imprese che hanno un problema di competitività  e di reddività». Cose che Confindustria dice «da molto tempo». Il Paese «deve tornare a crescere, ci vuole una grande concentrazione su questo tema». Servono le riforme, e investimenti  su «ricerca, scuola, infrastrutture», ribadisce Emma Marcegaglia: «La crescita è la cosa più importante: abbiamo tenuto nel rigore dei conti pubblici, nella crisi, ma questo non basta, dobbiamo tornare a crescere. Serve un tasso almeno del 2%, senza è difficile creare occupazione, dare spazio alle imprese, far aumentare i consumi interni, diffondere benessere». Se non ci si concentra sul tema della crescita, avverte la presidente di Confindustria, «il Paese continuerà ad andare indietro nella sua capacità di crescere e creare occupazione».
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