martedì 31 marzo 2020
Il presidente dell’Associazione distribuzione automatica, Massimo Trapletti, lancia una proposta shock: «Stop alle tasse di giugno per le imprese»
Massimo Trapletti, presidente di Confida

Massimo Trapletti, presidente di Confida - Archivio

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La crisi innescata dall’epidemia di Coronavirus sta facendo gravi danni al settore della distribuzione automatica. Sebbene il comparto, che in Italia dà lavoro a oltre 33mila persone, sia ancora attivo in quanto il Dpcm dell’11 marzo lo inserisce tra le attività commerciali essenziali (porta ristoro in ospedali, caserme, aziende rimaste aperte e prigioni), il giro d’affari del vending si è ridotto dell’80% rispetto al mese scorso. La preoccupazione del settore, espressa dall’associazione di categoria Confida, riguarda la liquidità delle imprese necessaria a non farle fallire in una situazione di brusca frenata dell’attività.

«Il decreto "Cura Italia" ha introdotto le prime misure a sostegno della liquidità ma sono ancora del tutto insufficienti rispetto alla drammatica situazione che stiamo vivendo. É necessario un “intervento shock” per salvare le nostre imprese prima che sia troppo tardi – spiega il presidente di Confida Massimo Trapletti –. L’investimento potrebbe attestarsi attorno ai 200 miliardi di euro. È però necessario che questi soldi arrivino direttamente ai soggetti economici e privati come hanno fatto negli Stati Uniti e in particolare: alle imprese, attraverso l'abolizione delle tasse di giugno (Irpef, Irap, Tari, Tasi e Imu, Ires) finanziando a lungo termine la necessità di liquidità attuale e mantenendo gli ammortizzatori sociali in deroga applicati già oggi; alle famiglie posticipando i mutui (come già previsto dal Fondo Gasparrini), riducendo il cuneo fiscale e le tariffe di energia e gas; ai lavori pubblici, finanziando opere pubbliche quali gli investimenti in ponti, strade che danno occupazione e rimettono in moto l'economia».

Queste iniziative porterebbero beneficio immediato in particolare alle pmi che rappresentano la gran parte delle aziende italiane: «Penso alle aziende che fatturano 5-10 milioni e tantissimi esercizi commerciali che fatturano fino a 1-2 milioni. Se queste realtà chiudono, tante famiglie resteranno senza un reddito e conseguentemente non consumeranno più. Insomma, l’intero Paese rischierebbe il default».

Uno spiraglio di luce in questa crisi nasce dalla posizione della Banca centrale europea che ha dichiarato la sua disponibilità all’acquisto dei titoli dei singoli Stati: «I 200 miliardi - conclude Trapletti - potrebbero essere coperti dall’emissione di titoli a 10-15 anni e con le entrate fiscali che tutte le imprese e le famiglie salvate pagheranno potremmo onorare senza problemi gli interessi sul debito».

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