venerdì 6 maggio 2011
Lo afferma il presidente di HRCommunity Academy (nella foto), che riunisce direttori risorse umane e HR Manager di aziende italiane e multinazionali.
COMMENTA E CONDIVIDI
«In Italia la necessità di attivare politiche di work life balance risulta oggi evidente alle risorse quanto alle aziende. Lo confermano i dati, ma anche le testimonianze che HRCommunity Academy, il network che riunisce direttori risorse umane e HR Manager di aziende italiane e multinazionali, da tempo raccoglie nell’ambito delle attività di confronto e condivisione delle esperienze di cui è promotrice, anche in materia di conciliazione lavoro-famiglia». Lo afferma Giordano Fatali, presidente HRCommunity Academy.Conciliazione lavoro-famiglia, quali i vantaggi per le aziende e i dipendenti?Il Belpaese è ben al di sotto della media Ocse rispetto a tre indicatori fondamentali inerenti le politiche a sostegno della famiglia: occupazione femminile, tasso di fertilità e tasso di povertà infantile” a dirlo, o meglio ricordarlo, è stata la stessa Organizzazione internazionale solo un mese fa. Causa principale, stando al parere dell’Ocse, la difficoltà di conciliare lavoro e figli, mentre il tasso di occupazione dei genitori resta di cruciale importanza per la riduzione del rischio di povertà infantile. Sappiamo anche che gli indicatori puramente economici non sono sufficienti, da soli, ad indicare lo stato di benessere di un Paese e non a caso per misurare la qualità della vita di una Nazione, l’Onu cita indicatori quali una vita lunga e sana, culturalmente ricca e con uno standard dignitoso. Sul piano sociale è indubbio che un maggior tempo da dedicare alla famiglia possa incidere positivamente sul livello generale di soddisfazione di ciascun lavoratore; così come agevolare la vita in famiglia preservandone la serenità e la solidità incentivi l’aumento delle natalità e incida positivamente sulla riduzione dello stress e della distanza tra genitori e figli. Sul piano organizzativo può consentire, inoltre e in aggiunta, un più veloce reinserimento dopo la maternità, un aumento della produttività, una riduzione delle assenze per malattia e del turn over ed ancora, una maggiore attrattiva sul mercato del lavoro. Un investimento aziendale che ha dunque la possibilità di ottenere un ritorno del saldo economico ampiamente positivo nel medio e lungo termine. Come incentivare le buone pratiche, che pure ci sono?Siamo a tre mesi dalla firma dell’accordo tra governo e parti sociali sulla conciliazione per i tempi del lavoro e della famiglia: una grande opportunità di sviluppo per le aziende e le persone. Quanto definito non può però rimanere un compendio di buone intenzioni destinate a rimanere sulla carta. Necessita di un’adeguata applicazione attraverso buone pratiche che nel dettaglio rispondano alle misure previste dall’accordo, quali la possibilità di beneficiare di particolari forme di flessibilità di orario entro i primi tre anni di vita dei figli; il ricorso alla banca delle ore e maggiori opportunità di lavorare part time per un periodo corrispondente almeno ai primi tre  anni di vita del bambino, oltre ad una maggior diffusione del telelavoro. A questo punto le aziende devono scegliere se far propria questa sfida, considerando la cura e l’attenzione nei confronti dei propri dipendenti come un investimento sul benessere proprio dell’azienda, oppure assistere passivamente ad un cambiamento che di fatto le riguarderà. Vorrei però anche aggiungere che molte delle aziende appartenenti alla nostra Community, possono oggi raccontare alcune buone pratiche sviluppate da molti anni a supporto di una cultura family friendly: asili nido aziendali, progetti sulla settimana di lavoro compressa, la giornata di lavoro ridotta, elasticità maggiore nei periodi di maternità, supporto alla cura dei genitori anziani, dei figli piccoli o di quelli in difficoltà. Così come testimoniare l’attenzione sfidante di alcune aziende nello studiare forme di flessibilità temporale del lavoro anche attraverso forme di rotazione che supportano comunque le esigenze dell’organizzazione del lavoro, così come percorsi formativi sul ruolo dei genitori nell’educazione dei figli, sulla gestione efficace dei conflitti, del tempo e dello stress. Buone pratiche che ottengono sempre più frequentemente un commitment e un impegno da parte del top management tramite la creazione di veri e propri comitati che deliberano e realizzano progetti di conciliazione attraverso la raccolta di informazioni riguardanti le necessità familiari dei lavoratori, declinandone le possibili soluzioni in virtù di sempre più efficaci piani di comunicazione interna. Nonostante gli sforzi pregevoli di molte aziende, va però detto che, in Italia, non si può ignorare che ancora persista un gap tra le buone intenzioni e gli investimenti che vengono effettivamente messi a budget per facilitare la vita dei lavoratori. Gap che l’accordo firmato lo scorso marzo ci fa ben sperare di poter ridurre, andando a stimolare in modo significativo l’operatività delle aziende, di tutti gli ordini e dimensioni, attraverso un’attenzione crescente e comune verso il grande tema del work family balance.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: