martedì 10 maggio 2011
Per il presidente nazionale dell'Associazione direttori risorse umane Gidp/Hrda (nella foto), quando «l'imprenditore si fa carico dei costi del coinvolgimento del suo personale, l'azienda fa passi da gigante».

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«I principali ostacoli alla conciliazione in Italia? Sono senz'altro la burocrazia che impone le proprie regole, i propri tempi e crea una serie di adempimenti che vengono posti in essere solo per creare più posti di lavoro per il pubblico impiego». Lo afferma Paolo Citterio, presidente nazionale dell'Associazione direttori risorse umane Gidp/Hrda.  E allora come incentivare la conciliazione famiglia-lavoro?Se questo Stato così latitante (ieri e purtroppo anche oggi) decidesse finalmente di dotare il Paese di un supporto per le nostre mogli o figlie che lavorano con impegno e che devono assumere funzioni diverse da quelle abitualmente esercitate nel posto di lavoro (devono essere infermiere, badanti per i genitori anziani che nessuno degli enti sanitari pubblici aiutano se non in rarissimi casi, oppure devono essere custodi anche durante l'orario di lavoro dei propri figli perchè gli asili nido comunali fanno gli orari che piacciono alle insegnanti e non quelli necessari ai genitori, i cui rampolli  che devono rimanere per almeno 9/10 ore custoditi nell'asilo scelto). Per fare un esempio di altri Stati, negli Usa l'asilo inizia il proprio orario alle 7 della mattina e termina alle 20 rispettando le esigenze delle mamme "clienti". Qui non è così. Altro Paese da prendere esempio invece per l'assistenza agli anziani è la Spagna di Zapatero, da noi invece....... Altri strumenti di conciliazione sono quelli che consentono alle lavoratrici di potersi far aiutare a sbrigare i compiti familiare senza lasciare l'impresa in cui lavorano (parliamo dello sportello bancario, della lavatrice per chi ha famiglie con più persone, di una decorosa mensa in azienda od in una vicina alla stessa e di fattorini/aiutanti  messi a disposizione dell'illuminata impresa per i casi più urgenti quando le lavoratrici ne necessitano e l'imprenditore è d'accordo.    E soprattutto come diffondere gli strumenti di conciliazione anche nelle pmi e nelle microimprese?Uno degli strumenti di conciliazione nelle imprese medio grandi specie in città popolate di aziende come Milano, Torino, Bologna sono gli asili in comune/consorzio. Alcune imprese avendo personale femminile con figli e non volendo perdere il prezioso contributo professionale delle lavoratrici suole consorziarsi facendo in modo di avere orari ed insegnanti che seguono i bisogni delle madri e non quelli delle insegnanti dei piccoli loro affidati , che normalmente gestiscono a loro piacere gli orari di custodia. In questo modo si fanno carico del tutto od in parte dei costi che possono arrivare a 600/800 euro al mese per persona ma che vengono magari suddivisi equamente tra le imprese consorziate.Ritengo che Assolombarda ove vi sono le P.I. (Piccole Imprese, Api e Compagnia delle Opere) possano supportare le piccole imprese che sono in questo Paese la stragrande maggioranza (secondo l'ultima rilevazione dell'Istat infatti le imprese da 10 a 50 dipendenti sono ben 212.729 in Italia) facendo in modo di risolvere i problemi summenzionati con supporto pubblico comunale, provinciale e regionale.    Può fare degli esempi di aziende prima ostili e poi favorevoli alla conciliazione?Esempi con nomi non se ne fanno mai, vi sono classifiche particolari ben pubblicizzate e divulgate dai media. Invece devo dire che quando il rapporto tra imprenditore e direttore  risorse umane diventa virtuoso, nel senso che il secondo riesce a fidelizzare i dipendenti della società identificandoli con il bene dell'impresa e quando l'imprenditore si fa carico dei costi del coinvolgimento del suo personale, l'azienda fa passi da gigante avendo dalla sua quella che è la forza che può trasformare in  vittoria la battaglia che l'impresa ha con i suoi competitor per non solo la sopravvivenza, ma per il successo. Sì, il capitale umano se motivato fa la differenza. 
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