martedì 19 marzo 2013
​Il Parlamento cipriota ha respinto l'ipotesi di un prelievo forzoso sui depositi bancari, indispensabile per accedere agli aiuti dell'Unione europea e del Fondo monetario internazionale: 36 deputati hanno espresso voto contrario e 19 si sono astenuti. Ora il piano di salvataggio da 10 miliardi di euro è a rischio. (Pietro Saccò)
SECONDO NOI La Ue che sbaglia e non impara
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La piccola Cipro ha fatto la voce grossa. Nessuno dei 56 membri del suo Parlamento ha votato a favore del piano di salvataggio deciso venerdì notte a Bruxelles. I 19 deputati del Disy, il partito del premier Nicos Anastasiades, si sono astenuti. Tutti gli altri, eccetto uno che era assente, hanno votato contro, compresi gli 8 parlamentari del Diko, l’altro partito di maggioranza. «Ci può essere una sola risposta: no al ricatto» aveva detto prima dell’inizio del dibattito Yannakis Omirou, il socialista presidente del Parlamento. Omirou ha parlato di «rapina dei depositi bancari» e del rischio che nessun investitore straniero depositerà mai più soldi sull’isola.Dopo il voto la Bce ha garantito che continuerà, secondo le regole, a fornire la liquidità che tiene in vita le banche cipriote.Nella strategia dei deputati di Cipro con questo voto Anastasiades potrà tornare a Bruxelles e strappare condizioni più favorevoli. L’Eurogruppo aveva deciso di prestare a Cipro 10 miliardi di euro, ma Nicosia avrebbe dovuto raccogliere altri 5,8 miliardi attraverso una tassa sui depositi bancari che avrebbe prelevato il 6,75% dai conti sotto i 100 mila euro e il 9,99% da quelli oltre questa soglia. Le cifre in gioco non sono certo enormi in valore assoluto, ma considerato che il Pil di Cipro nel 2012 è stato di 17,5 miliardi di euro l’Europa è pronta a prestare all’isola più della metà della ricchezza che il Paese sa produrre in un anno e chiede al governo di prelevare dai conti in banca una cifra pari a un terzo del Pil.Il voto del Parlamento mette Anastasiades davanti a un bivio realmente storico. Da un lato c’è la permanenza nella zona euro. Francia e Germania hanno ribadito che l’Europa però non è disposta ad aumentare il suo contributo alla gestione della crisi – che nasce dallo squilibrio nei conti delle banche cipriote, cresciute smisuratamente negli ultimi anni – perché già l’aiuto è, in proporzione, enorme. Il ministro tedesco Wolfgang Schäuble ieri ha spiegato alla radio che chi mette i soldi in un Paese dove si pagano meno tasse e ci sono meno controlli deve assumersene i rischi.All’Eurogruppo di lunedì i ministri avevano proposto di nuovo ad Anastasiades di evitare il prelievo sui conti minori, quelli sotto i 20 mila euro, alzando la tassa su quelli sopra quota 100 mila, ma lui ha rifiutato. Ed è nella ragione del rifiuto che si apre la soluzione alternativa di Nicosia, l’altra strada davanti al bivio: farsi salvare dai russi. Su 68 miliardi depositati nelle banche di Cipro, 20 sono soldi russi, quasi tutto denaro sporco, secondo gli osservatori internazionali. Se tassasse pesantemente i conti dei russi per obbedire all’Europa, l’isola perderebbe quei soldi (già gli oligarchi di Mosca guardano con interesse alla Lettonia come prossimo punto di ingresso in Europa) e quindi vedrebbe volare via dai depositi delle sue banche una cifra superiore al suo Pil.Il ministro dell’Economia, Michalis Sarris, è volato a Mosca per discutere direttamente con il Cremlino. La Russia – che ora è infuriata con l’Europa perché ha deciso il salvataggio senza consultarla – nel 2011 ha prestato a Nicosia 2,5 miliardi di euro, Sarris vuole capire se Vladimir Putin è disposto a dare ancora una mano. In cambio, dicono indiscrezioni ufficialmente smentite, Mosca potrebbe avere una quota nelle riserve di gas che riposano nei mari ciprioti, enormi e ancora non sfruttate. La missione di Sarris, che dalla Russia ha dovuto anche smentire le voci sulle sue dimissioni, è tutt’altro che facile, perché il Cremlino potrebbe approfittare di questa crisi per convincere i suoi ricchi oligarchi a riportare in patria i fondi depositati all’estero. E comunque nemmeno i russi sono disposti ad accollarsi tutti i costi della crisi cipriota.Nel terzo giorno del blocco dei conti bancari ciprioti, deciso per evitare la fuga dei capitali, la situazione è ancora uno stallo dagli esiti imprevedibili. Gli investitori, spaventati, continuano a vendere, soprattutto i titoli delle banche. Poco contano le continue rassicurazioni europee sul fatto che questo sia un caso unico e che in nessun altro Paese Bruxelles chiederà di prendere i soldi dai conti in banca, come ha ribadito ieri Jeroen Dijsselbloem, commissario agli affari economici. Milano ha perso l’1,6%, Madrid il 2,2%, -1,3% Parigi e -0,8% Francoforte. L’euro è piombato ai minimi da tre mesi, a 1,29 dollari. In serata l’Eurogruppo ha ribadito la sua offerta a Nicosia.
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