mercoledì 4 dicembre 2019
Nel suo ciclo di vita un inalatore produce fino a 36 kg di CO2 equivalente. L'azienda italiana investe 350 milioni per svilupparne uno che taglia le emissioni del 90%. Sarà pronto nel 2025
Un uomo usa un classico inalatore spray contro l'Asma

Un uomo usa un classico inalatore spray contro l'Asma - Niaid via Flickr https://flic.kr/p/LyQUUT

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È paradossale: ogni volta che premono il tasto dell’inalatore spray per curarsi, milioni di malati di asma e Bpco (la cosiddetta “bronchite dei fumatori”) emettono una grande quantità di gas serra che, oltre a contribuire al riscaldamento climatico, peggiorano l’aria e quindi anche le cause della loro malattia.

Uno studio pubblicato qualche mese fa nel Regno Unito da Alexander JK Wilkinson, medico che lavora con il sistema sanitario britannico, ha messo a confronto le emissioni di gas serra degli inalatori spray anti-asma più diffusi (tecnicamente MDI) con altri inalatori che non hanno bisogno di gas propellenti. I numeri prodotti dallo studio sono allarmanti: nel suo ciclo di vita, circa 200 “spruzzi”, un inalatore spray emette tra i 10 e i 36 chilogrammi di CO2 equivalente contro gli 1,5-6 chilogrammi di quelli "a polvere secca". Se solo al 10% dei pazienti britannici che usano gli spray fosse cambiato l’inalatore, il Regno Unito risparmierebbe ogni anno 58mila tonnellate di CO2 equivalente. Cioè pari a quella emessa da 180mila viaggi in auto tra Londra ed Edimburgo, ha calcolato la stampa inglese.

I numeri vanno visti nel loro contesto per evitare l’allarmismo. Nel mondo soffrono d’asma 235 milioni di persone e gli inalatori anti-asma producono complessivamente meno dello 0,1% del totale delle emissioni di gas serra. Davanti alla sfida del cambiamento climatico il problema però esiste e risolverlo non è semplice.

Per molti pazienti che soffrono d’asma o di Bpco l’inalatore spray resta la soluzione più adatta, se non l’unica, a disposizione. «Non si può accettare questo trade-off tra interesse dei paziente e tutela del pianeta. Per questo abbiamo cercato una soluzione» spiega Alessandro Chiesi, direttore per l’Europa del gruppo Chiesi Farmaceutici.

Un ricercatore al lavoro nei laboratori di Chiesi Farmaceutici

Un ricercatore al lavoro nei laboratori di Chiesi Farmaceutici - Chiesi Farmaceutici

L’azienda parmigiana, che ha fatturato quasi 1,8 miliardi di euro lo scorso anno, è tra i leader globali nella cura delle malattie respiratorie e produce sia inalatori spray che a “polvere secca”. Oggi, nell’ambito della COP25 di Madrid, annuncerà il primo accordo per la produzione di inalatori spray a impatto ambientale ridotto. Ha siglato un’intesa con Koura, grande produttore di gas propellenti, per rifornirsi di un gas alternativo che riduce del 90% l’impatto ambientale degli inalatori spray.

Chiesi investirà 350 milioni di euro per lo sviluppo del nuovo prodotto che, nei programmi dell’azienda, potrà entrare in commercio dal 2025, una volta completati i testi clinici. Per Chiesi ridurre le emissioni di gas serra degli inalatori è la sfida maggiore sul fronte ambientale. L’investimento sugli inalatori “green” si inserisce nell’impegno più generale del gruppo sull’ambiente (da poco l’azienda ha annunciato il piano per raggiungere la neutralità carbonica entro il 2035) e sul suo ruolo nella società. Lo scorso giugno, infatti, Chiesi ha ottenuto la certificazione di B Corporation, cioè di azienda che soddisfa standard elevati a livello ambientale e sociale e utilizza la propria attività come forza positiva per le persone, la società, l’ambiente.

«Un approccio diverso da quello che cerca la massimizzazione del profitto è da sempre nel nostro dna, da prima che le sfide globali rendessero questi temi urgenti per tutti – conclude Alessandro Chiesi –. Adesso è ora di cambiare passo, mettendo sullo stesso piano gli interessi globali e gli interessi finanziari delle aziende. Grazie allo stato di B-corp abbiamo davvero modo di darci obiettivi precisi e misurare i nostri progressi. L’investimento che annunciamo oggi è perfettamente coerente con questo percorso».

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