lunedì 23 ottobre 2017
Nel 2016, l’età media degli occupati in Italia era di 44 anni, contro una media di 42 registrata nei principali Paesi dell'Unione Europea
Operai e impiegati italiani più anziani d'Europa
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Abbiamo la popolazione lavorativa più anziana d’Europa. Nel 2016, segnala l’Ufficio studi della Cgia, l’età media degli occupati in Italia era di 44 anni, contro una media di 42 registrata nei principali Paesi dell'Unione Europea. Negli ultimi 20 anni, inoltre, l’età media dei lavoratori italiani è salita di cinque anni, un incremento che in nessun altro Stato è stato così rilevante. A seguito del calo demografico, dell’allungamento dell’età media e di quella lavorativa, in Italia contiamo nei luoghi di lavoro pochissimi giovani e molti over 50. Se, infatti, nel nostro Paese l’incidenza dei giovani (15-29 anni) sul totale degli occupati è pari al 12%, in Spagna è al 13,2%, in Francia al 18,6%, in Germania al 19,5%. Per contro, nel nostro Paese l’incidenza degli ultra 50enni sul totale degli occupati è del 34,1%. Solo la Germania registra un dato superiore al nostro e precisamente del 35,9%, mentre in Spagna è del 28,8%, in Francia del 30%.

«Con pochi giovani e tante persone di una certa età ancora presenti nei luoghi di lavoro – spiega il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo – le nostre maestranze possono contare su una grande esperienza e un’elevata professionalità, tuttavia stanno riemergendo una serie di problemi che credevamo aver definitivamente superato. In primo luogo, sono tornati a crescere, soprattutto nei mestieri più pesanti e pericolosi, gli incidenti e la diffusione delle malattie professionali. In secondo luogo, il numero di attività caratterizzato da mansioni di routine è molto superiore al dato medio europeo. Con l’avvento dei nuovi processi di automazione e di robotica industriale rischiamo una riduzione di un’ampia fetta di lavoratori di una certa età con un livello di scolarizzazione medio-basso che, successivamente, sarà difficile reinserire nel mercato del lavoro».

La diminuzione della presenza dei giovani nei luoghi di lavoro è un fenomeno che è in atto da parecchi anni. Tra il 1996 e il 2016, sebbene lo stock complessivo dei lavoratori occupati in Italia sia aumentato, gli under 30 presenti negli uffici o in fabbrica sono diminuiti di quasi 1.860.000: in termini percentuali nella fascia di età 15-29 anni la variazione è stata pari al -40,5%, contro una media dei principali Paesi Ue del -9,3%. Sempre in questo arco temporale, tra gli over 50 gli occupati sono aumentati di oltre 3.600.000 (+89,8%). Un boom che, comunque, ha interessato tutti i principali Paesi dell’Ue presi in esame in questa analisi, con punte che in Spagna hanno toccato il +103,8% e in Francia il +105,1%.

«Se oggi la discussione tra gli addetti ai lavori si concentra quasi esclusivamente sulle conseguenze immediate che l’avvento della tecnologia e dell’automazione ha sull’occupazione – afferma il segretario della Cgia Renato Mason - tuttavia devono essere considerati anche i cambiamenti di medio e lungo periodo indotti dalla combinazione dell’innovazione con gli andamenti demografici, segnati da una speranza di vita più lunga e dal calo delle nascite».

A livello regionale la stima dell’età media degli occupati più alta si riscontra in Liguria (45,4%), in Sardegna (45,3%) e in Calabria (44,7%). Le regioni che, almeno a livello nazionale, risentono meno del progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa sono il Veneto, la Lombardia (entrambe con 43,5%) e il Trentino Alto Adige (43,2%). Realtà, queste ultime, che, assieme all’Emilia Romagna, registrano il più elevato numero di giovani assunti con il contratto di apprendistato. Un istituto che da sempre ha rappresentato un punto di eccellenza delle nostre maestranze e uno straordinario motore dello sviluppo.

«Una volta terminata la fase di apprendimento – conclude Zabeo - questi giovani facevano qualche anno di lavoro come operai specializzati e successivamente decidevano di licenziarsi e di aprirsi la partita Iva, andando così a formare quell’esercito di artigiani e di piccoli imprenditori che hanno fatto la fortuna del nostro Paese».


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