lunedì 21 ottobre 2019
Lo sblocco delle opere infrastrutturali porterebbe un incremento del Pil del 2,5% e la creazione di 300mila posti di lavoro
Il cantiere della Tav a Chiomonte (Ansa)

Il cantiere della Tav a Chiomonte (Ansa)

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Connessioni, intermodalità, investimenti, più eque tassazione. Sono i termini ripetuti al 5° Forum di Conftrasporto in corso a Cerrnobbio. Un'appuntamento annuale che la branchia di Confcommercio rinnova per fare il punto di un settore portante della nostra economia che potrebbe dare una spinta fondamentale al nostro Pil e che, spesso, viene un po' bistrattata.

Una situazione da modificare con urgenza per non perdere, è il caso di parafrasarlo, il treno della logistica europea che, se fosse, si tradurrebbe in un isolamento economico con danni incalcolabili. Un allarme che si rinnova di anno in anno e così è anche in queste ore. Una denuncia ribadita da Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio e Paolo Uggè, vice presidente di Conftrasporto e supportata dai dati esposti da Mariano Bella, direttore dell'ufficio studi di Confcommercio. Partendo dalla fase di stagnazione della nostra economia, con il 2020 delineato come un anno difficile, i vertici dell'associazione nel dare atto al Governo di aver concentrato le poche risorse disponibili e gli stretti margini di flessibilità sull'obiettivo fondamentale di disinnescare gli aumenti dell'Iva chiedono di rafforzare le azioni per la crescita mobilitando decine di miliardi di risorse disponibili, tra nazionali ed europee, trasformando capitoli di bilancio in cantieri aperti ed opere utili realizzate in tempi ragionevoli.

La situazione, dicono qui a Cernobbio, è preoccupante, le previsioni di Conftrasporto vedono nel prossimo anno una crescita del Pil del solo 0,3%. Le preoccupazioni più grandi arrivano dal fatto che il Paese deve scontare la mancata crescita a causa del deficit strutturale che frena la competitività. A cominciare proprio dai trasporti e dalla logistica che sono una grande opportunità ma vengono penalizzate da burocrazia e fiscalità che bloccano i cantieri.

Problema tutt'altro che marginale dal momento che lo sblocco delle opere infrastrutturali porterebbe un incremento del Pil del 2,5% e la creazione di 300mila posti di lavoro. Questa situazione di stallo rischia di tagliare fuori il nostro Paese dalle principali rotte delle merci che sono sempre più attirate non solo dai tradizionali scali del nord Europa ma pure dalla crescente competitività di altri porti del Mediterraneo in continua espansione. Inoltre sta diventando sempre più pressante il problema delle comunicazioni stradali con l’Europa, con le crescenti ed arbitrarie politiche di contingentamento attivate unilateralmente dell’Austria.

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