venerdì 14 giugno 2013
​Sono dati sull'utenza dei Cpi che emergono dal Monitoraggio delle politiche del lavoro e diffusione delle conoscenze realizzato da Italia Lavoro. Reboani (nella foto il presidente di Italia Lavoro): occorre un'Agenzia nazionale su base regionale. In Italia fino a 439 disoccupati per operatore.
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In media nel 2012 14.329.610 persone hanno contattato un Centro per l'impiego (Cpi) almeno una volta e per la gran parte si tratta di persone in cerca di occupazione. Per poco più di sette disoccupati su dieci che hanno contattato un Cpi il contatto è avvenuto da meno di tre anni; circa il 35% di coloro che sono in cerca di occupazione e si sono rivolti a un Cpi almeno una volta ha effettuato o rinnovato la Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (Did). Sono dati sull'utenza dei Cpi che emergono dal Monitoraggio delle politiche del lavoro e diffusione delle conoscenze realizzato da Italia Lavoro.A livello regionale, la quota di persone in cerca di lavoro che si sono rivolte a un servizio pubblico per l'impiego supera l'80% nella maggior parte delle regioni meridionali (a eccezione di Abruzzo e Basilicata), con l'aggiunta della Toscana (81,4%). Le quote più basse, invece, si registrano in Lombardia (61,3%) e Veneto (69,6%). Da sottolineare è il dato che vede quasi un occupato su due  contattare un Cpi in quattro regioni del Mezzogiorno: Molise, Sardegna, Basilicata e Sicilia, dato in linea con quello del 2011. Per quanto riguarda invece gli inattivi, la quota presenta un range che va dal 18-19% (Trentino Alto Adige e Lombardia) al 40-44% (Calabria, Molise, Sicilia, Sardegna e Basilicata), a fronte della media nazionale che ammonta al 30%.Per quanto riguarda le persone in cerca di lavoro che si sono rivolte a un Cpi, emerge che uno su due ha un'età inferiore ai 34 anni. Inoltre, il 44,1% è in possesso di un diploma di scuola superiore, corrispondente all'Isced 3, e il 38,7% ha la sola licenza media (Isced 2).Più di sei soggetti su dieci si sono rivolti a una struttura pubblica di servizi per cercare lavoro, mentre quasi il 5% per avvalersi di altri servizi e il 31,6% per entrambi i motivi. Considerando il motivo riguardante la ricerca di lavoro, si evidenzia come la tendenza sia identica a quella del 2011, con le percentuali più alti nella regione Piemonte (il 78,8%), seguita da Lombardia (il 73,9%), mentre quelle più basse in Sicilia (il 50,4%) e Sardegna (il 46,2%).Osservando lo stesso aggregato per provincia, si evince che la soglia dell'80% è superata dalle provincie di Novara, Asti, Cuneo, Torino, La Spezia, Trieste, Forlì e Cesena e Vicenza, nonché dalle province di Terni e Frosinone per il Centro del Paese e di Ogliastra per il Mezzogiorno. Quote quasi dimezzate, che cioè non superano il 40%, si registrano nelle provincie di Caltanissetta, Teramo, Cagliari e Olbia-Tempio, in aggiunta a Ferrara per il Nord.REBOANI (ITALIA LAVORO): OCCORRE AGENZIA NAZIONALE SU BASE REGIONALE"Nel nostro Paese, a differenza che nei maggiori Paesi europei, manca un'agenzia nazionale articolata su base regionale che coordini il funzionamento dei servizi per l'impiego, definisca gli standard delle prestazioni, monitori il funzionamento dei Cpi e porti avanti il difficile tema delle sinergie con le agenzie private". A dirlo è Paolo Reboani, presidente di Italia Lavoro, che in occasione del vertice a quattro sui temi della lotta alla disoccupazione, parla anche degli strumenti tecnici di cui l'Italia si dove dotare. "Italia Lavoro - dice il presidente dell'agenzia tecnica del ministero del Lavoro, candidando la struttura al compito - ha lavorato molto a supporto dei servizi per l'impiego e ha tutte le professionalità per realizzare questo compito in modo efficace". E che i servizi per l'impiego siano centrali nell'applicazione delle politiche, lo ha ricordato anche il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, annunciando "un intervento significativo" proprio sulle strutture di collocamento. Intervento che, per Reboani, fa "riferimento alla necessità di mettere insieme tutti i soggetti che hanno informazioni sul mercato del lavoro". "L'efficacia dei servizi per l'impiego - dice - si misura proprio nel ridurre l'asimmetria informativa tra imprese e lavoratori, offrendo assistenza a chi cerca lavoro". E certamente l'efficacia dei servizi di collocamento non è uguale in tutti i Paesi dell'Unione. Per questo, "un intervento 'significativo' - osserva ancora Reboani - potrebbe voler dire spendere in termini di Pil quanto i maggiori paesi: l'Italia spende l'1,80%, la Germania il 2,28%, la Danimarca il 3,71%". Intanto, "è importante - commenta Reboani- che il governo si stia impegnando con le istituzioni europee affinchè i 400 milioni di fondi europei del programma Youth Guarantee siano disponibili prima possibile e investiti proprio per potenziare i centri per l'impiego". "Saranno loro a rendere operativo lo Youth Guarantee, offrendo ai giovani senza lavoro fino a 25 anni di età (per l'Italia la soglia potrebbe essere alzata a 29-30 anni) un'opportunità qualitativamente valida di lavoro, proseguimento degli studi, apprendistato e tirocinio", conclude Reboani.IN ITALIA FINO A 439 DISOCCUPATI PER OPERATOREPer far funzionare le politiche attive per il lavoro, bisogna avere servizi per l'orientamento, formazione e collocamento pubblici efficienti. Ma dalla comparazione tra il nostro stato dei servizi pubblici per l'impiego (Spi) e quello degli altri Paesi europei, non esce certo un quadro rassicurante. Se in Germania un operatore di un Cpi assiste poco più di 28 disoccupati, in Italia lo stesso operatore ne dovrà assistere almeno 277 (addirittura 439 se si considerano gli inattivi). Stando ai recenti dati forniti da Eurostat (2011), infatti, lo scenario è il seguente: in Germania il personale degli Spi è composto da 115mila operatori (front e back office) per un totale di 3,1 milioni di disoccupati regolarmente registrati e attivi. Il rapporto disoccupati per operatore è pari a 28,2; nel Regno Unito gli operatori sono 77mila e i disoccupati 1,47 milioni per un rapporto disoccupati per operatore pari a 19; in Francia gli operatori sono 49.400 per un totale di 2,6 milioni di disoccupati e un rapporto disoccupati per operatore pari a 54,2; in Olanda gli operatori sono 19mila per 489 mila disoccupati registrati e un rapporto di 25 disoccupati per operatore.In Italia, l'ultimo dato disponibile sul personale dei 529 Cpi è del 2007 e parla di circa 9.900 operatori. Non essendo disponibile un dato sui disoccupati 'registratì, il rapporto è calcolato sulla base delle persone in cerca di lavoro stimate dall'Istat nel 2012 in 2,7 milioni ed è pari a 277 disoccupati per operatore, rapporto che sale a 439 se oltre ai disoccupati si considerano anche 1,6 milioni di inattivi 'scoraggiati' dalla impossibilità di trovare lavoro. Oggi, in virtù delle politiche di compressione della spesa pubblica, blocco del turn over e chiusura dei contratti di collaborazione, nei Cpi il numero degli operatori è ulteriormente diminuito, assestandosi su 6.600 unità, con un aumento sensibile e inesorabile del rapporto tra disoccupati e operatori.Le esperienze di Paesi europei, sul tema della gestione di servizi in ottica federata e multilivello istituzionale sono varie. In Francia, per esempio, nel 2008 è stato costituito Pole Emploi, sorto dalla fusione di Anpe (Servizi pubblici per l'impiego) e Assedic (paragonabile al nostro Inps). Vengono promosse in un unico sportello sia le politiche attive, che quelle passive, sotto uno stretto controllo qualitativo. In Germania, c'è la BundesAgenturfurArbeit: con la riforma Hartz IV del 2005, la già preesistente Agenzia federale per l'occupazione, competente per le politiche attive e passive, è stata oggetto di un miglioramento della struttura organizzativa, costruendo un network nazionale, nel rispetto dell'autonomia dei Lander.In Spagna, opera Sepe, Sistema nazionale per l'impiego: la gestione delle politiche passive è di competenza del governo centrale, mentre quelle attive sono proprie delle 17 Comunità autonome. In Olanda, c'è un'Agenzia nazionale derivata dalla fusione, nel 2009, di due enti e nata per contrastare gli effetti prodotti dalla crisi sul tessuto occupazionale, assieme all'esigenza di razionalizzare le strutture già esistenti. Si è realizzato quello che nei Paesi Bassi si chiama one stop shop, uno sportello polifunzionale dedicato alle politiche attive del lavoro.
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