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La ripresa economica si rafforza «e l'industria va, ma cresce l'Italia del rancore». Lo sostiene il Censis nel 51esimo Rapporto sulla situazione sociale del Paese. L'Italia si mostra «impotente di fronte a cambiamenti climatici e a eventi catastrofici che chiedono grandi risorse e grande impegno collettivo»: è ferita dai crolli di scuole, ponti, abitazioni per «una scarsa cultura della manutenzione», quindi per responsabilità diretta dell'uomo.
Ecco i principali punti toccati nel Rapporto.
I migranti antidoto allo spopolamento
In 755 Comuni italiani, pari al 9,5% del totale, la popolazione nell'ultimo quinquennio è cresciuta unicamente grazie agli immigrati. Si tratta di Comuni in cui risiedono oltre 11 milioni di abitanti, ovvero il 18,4% della popolazione: l'incremento del 32% degli abitanti stranieri in queste località ha compensato la riduzione dello 0,9% degli italiani, permettendo a questi centri di godere di un movimento anagrafico positivo per l'1,4%.«Il contributo demografico positivo derivante dalla stabilizzazione dei migranti - riferisce il Rapporto Censis - è particolarmente evidente in quelle aree che sono maggiormente a rischio di spopolamento, ovvero i Comuni periferici che distano tra i 40 e i 70 minuti dai poli urbani maggiori, dove risiedono circa 3,6 milioni di abitanti (il 5,9% della popolazione italiana) e i Comuni ultraperiferici che distano oltre 70 minuti dalle aree urbane, dove vivono quasi un milione individui, pari all'1,5% della popolazione.
Aumentano le famiglie in povertà assoluta
Sono oltre 1,6 milioni le famiglie che nel 2016 sono in condizioni di povertà assoluta, con un boom del +96,7% rispetto al periodo pre-crisi. Gli individui in povertà assoluta sono 4,7 milioni, con un incremento del 165% rispetto al 2007. Tali dinamiche incrementali hanno coinvolto tutte le aree geografiche, con un'intensità maggiore al Centro (+126%) e al Sud (+100%). Il boom della povertà assoluta rinvia a una molteplicità di ragioni, ma in primo luogo alle difficoltà occupazionali, visto che tra le persone in cerca di lavoro coloro che sono in povertà assoluta sono pari al 23,2%. Il fenomeno ha una relazione inversa con l'età: nel 2016 si passa dal 12,5% tra i minori (+2,6% negli ultimi tre anni) al 10% tra i millennial (+1,3%), al 7,3% tra i baby boomer, al 3,8% tra gli anziani (-1,3%). La povertà assoluta ha l'incidenza più elevata tra le famiglie con tre o più figli minori (il 26,8%, +8,5%).
I dati mostrano un altro trend il cui potenziale sviluppo può avere gravi implicazioni nel futuro: l'etnicizzazione della povertà assoluta. Nel 2016 il 25,7% delle famiglie straniere è in condizioni di povertà assoluta contro il 4,4% delle famiglie italiane, mentre nel 2013 erano rispettivamente il 23,8% e il 5,1%.
La ripresa avvantaggia le classi agiate
Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore. L'87,3% degli italiani appartenenti al ceto popolare pensa che sia difficile salire nella scala sociale, come l'83,5% del ceto medio e anche il 71,4% del ceto benestante. Pensano che al contrario sia facile scivolare in basso nella scala sociale il 71,5% del ceto popolare, il 65,4% del ceto medio, il 62,1% dei più abbienti. La paura del declassamento è il nuovo fantasma sociale. Ed è una componente costitutiva della psicologia dei millennials: l'87,3%di loro pensa che sia molto difficile l'ascesa sociale e il 69,3% che al contrario sia molto facile il capitombolo in basso.
Cambia l'uso dei media
Cambiano i consumi mediatici degli italiani e si assiste alla "giovanilizzazione" degli adulti. Nel 2017 la tv tradizionale (digitale terrestre) cede qualche telespettatore (il 92,2% di utenza, con una riduzione del 3,3% rispetto al 2016). La tv satellitare si è stabilizzata intorno a quote di utenza che si avvicinano alla metà degli italiani (il 43,5% nel 2017), cresce la tv via internet (web tv e smart tv hanno il 26,8% di utenza, +2,4% in un anno) ed è decollata la mobile tv, che ha raddoppiato in un anno i suoi utilizzatori(passati dall'11,2% al 22,1%). La radio tradizionale perde 4 punti percentuali di utenza, scendendo al 59,1% di italiani radioascoltatori. La flessione è compensata però dall'ascolto delle trasmissioni radio via internet attraverso il pc (utenza al 18,6%, +4,1% in un anno). L'autoradio rimane sempre lo strumentopreferito dagli italiani per ascoltare le trasmissioni che vanno in onda in diretta (utenza al 70,2%). Lo smartphone è utilizzato dal 69,6% degli italiani (la quota era solo del 15% nel 2009). La crescita di internet ha rallentato il ritmo, ma prosegue: nel 2017 ha raggiunto una penetrazione pari al 75,2% degli italiani, con una differenza positiva dell'1,5% rispetto al 2016. La grande novità è rappresentata dalle piattaforme che diffondono servizi digitali video e audio, come Netflix o Spotify. Oggi l'11,1% degli italiani guarda programmi dalle piattaforme video e il 10,4% ascolta musica da quelle audio. I giornali continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale: oggi solo il 35,8% degli italiani li legge.