mercoledì 17 luglio 2013
​E per la pensione d’inabilità agli invalidi si terrà conto solo del reddito del beneficiario, senza sommarlo a quello del coniuge o di altri familiari
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Due buone notizie dal decreto lavoro: una per i titolari di pensione d’inabilità, l’altra per i fruitori di ammortizzatori sociali. La prima: ai fini della concessione della pensione d’inabilità agli invalidi si tiene conto del solo reddito del beneficiario della pensione, con esclusione di quelli eventualmente percepiti da altri componenti del nucleo familiare a cominciare dal coniuge. La seconda: i lavoratori ‘distratti’, che cioè hanno dimenticato di comunicare all’Inps di aver ripreso un’attività lavorativa nel mentre intascano la cassa integrazione, non dovranno più restituire la prestazione indebitamente percepita (la cig). Entrambe le novità fanno parte del decreto legge n. 76/2013, il cd decreto lavoro. Vediamole.
Pensioni in salvo per gli invalidiIn salvo le pensioni di inabilità degli invalidi: ai fini della loro concessione, infatti, si terrà conto del solo reddito del beneficiario della pensione, con esclusione di quelli eventualmente percepiti dagli altri componenti del nucleo familiare a cominciare dal coniuge. Il decreto lavoro pone così la parola fine sulla querelle scoppiata nel corso di quest’anno, a gennaio, tra gli invalidi e l’Inps, a seguito di un intervento della corte di cassazione. Ricordiamo la vicenda: con circolare n. 149/2012 l’istituto di previdenza, alla fine del 2012, aveva cambiato il criterio di valutazione del requisito economico per il diritto (la concessione) della pensione d’invalidità, stabilendo che tale limite (fissato per il 2013 in misura pari a 16.127 euro) dovesse essere riferito non solo all’invalido, qual è stata la prassi seguita fino all’anno 2012, ma pure al coniuge. Una posizione subito contestata dalle associazioni di categoria, tanto da spingere l’allora ministro del lavoro, Elsa Fornero, ad avviare apposita istruttoria per valutare gli «evidenti problemi di equità» dell’iniziativa e a chiedere al Presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, di valutare «tutti gli aspetti giuridici, di merito ed equità connessi all’applicazione della nuova soglia reddituale».Una mossa, quella della Fornero, che di lì a poco portò l’Inps a sospendere l’applicazione del nuovo requisito economico e a ripristinare il vecchio criterio, cioè a far riferimento al solo reddito personale dell’invalido. Poi è arrivata la cassazione a metterci del suo. Con sentenza del 22 marzo 2013 (la n. 7320/2013) i giudici del Palazzaccio hanno infatti confermato la posizione dell’Inps, ribadendo che il limite di reddito deve essere riferito non soltanto al titolare della pensione (cioè all’invalido), ma anche al coniuge. La presa di posizione della giurisprudenza toglie(va) ogni alternativa all’Inps, costringendolo ad adottare il nuovo e più restrittivo criterio di concessione dell’assegno di invalidità, a meno che non fosse intervenuta una norma ad hoc….e questa norma ad hoc è apparsa nel decreto lavoro, valendo anche per le domande non ancora decise e i procedimenti giurisdizionali non ancora conclusi in via definitiva, senza però il pagamento di eventuali importi arretrati. Insomma tutto è bene quel che finisce bene: gli invalidi tirano un sospiro di sollievo e, come è stato fino all’anno scorso, anche per quest’anno e per gli anni avvenire avranno diritto al trattamento di invalidità in base ‘solo’ al proprio reddito e senza tenere conto di eventuali redditi familiari.
Le «Co» salvano i lavoratori.Buone notizie anche per i lavoratori ‘distratti’, per quelli cioè che hanno dimenticato di comunicare all’Inps di aver ripreso un’attività lavorativa nel mentre incassavano la cassa integrazione. Infatti, il decreto legge sul lavoro dà l’interpretazione autentica della norma sulle comunicazioni obbligatorie (Co), stabilendo che sono valide pure ai fini dell’assolvimento di tutti gli obblighi di comunicazione a carico dei lavoratori, così sanando la loro posizione nei riguardi dell’Inps. Le comunicazioni obbligatorie oggetto di interpretazione autentica sono quelle dovute al centro per l’impiego (ma in via telematica) in caso di assunzione, cessazione, trasformazione e proroga dei contratti di lavoro. E’ un adempimento a carico del datore di lavoro, previsto e disciplinato dall’art. 4-bis, comma 6 del dlgs n. 181/2000. Il pacchetto lavoro precisa che la predetta norma si interpreta nel senso che le predette comunicazioni “sono valide ai fini dell’assolvimento di tutti gli obblighi di comunicazione che, a qualsiasi fine, sono posti anche a carico dei lavoratori nei confronti delle direzioni regionali e territoriali del lavoro, dell’Inps, dell’Inail o altre forme previdenziali sostitutive o esclusive, nonché nei confronti della Prefettura e delle province. La novità, tra l’altro, va in aiuto dei tantissimi lavoratori che hanno in atto un contenzioso con l’Inps per non avere preventivamente comunicato lo svolgimento di attività lavorativa, mancanza che determina la decadenza dalla prestazione di cigs in godimento (adempimento previsto dalla legge n. 160/1988). Infatti a tali lavoratori l’Inps ha chiesto conto dell’inadempimento, avviando specifici controlli e chiedendo la restituzione delle indennità indebitamente percepite. Un’azione del tutto inutile, dunque, per quanto afferma adesso il pacchetto lavoro precisando il senso della norma sulle “Co” con effetto, in quanto interpretazione autentica, sin dall’origine della norma stessa, cioè dal 2000. Un salvagente, per questo, più efficace di quello lanciato in via amministrativa dal ministero del lavoro (nell’interpello n. 19/2012), quando aveva spiegato (ugualmente) che il sistema Co vale anche per i lavoratori ma con efficacia dal 2008 ( il sistema Co, infatti, è a regime dal 1° marzo 2008).
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