giovedì 11 aprile 2013
​Dopo la sentenza della Consulta, per il ministro dell'Ambiente c'è la necessaria certezza per accelerare i tempi del risanamento. Esperienza da applicare anche per altre aree con crisi industriali e problemi ambientali. «Ma gli inquinatori non sono stati assolti».
In gioco c'è la politica industriale del Paese (Diego Motta)
E adesso al lavoro di Antonio Maria Mira
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«Ora non ci sono più alibi. Dopo la decisione della Consulta siamo finalmente in un quadro di certezza. Bisogna lavorare insieme, Ilva e amministrazioni, realizzando un confronto costante per assicurare che l’obiettivo del risanamento vada avanti e si compia. E già i risultati si stanno vedendo». È molto soddisfatto il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha respinto il ricorso della magistratura di Taranto contro il cosiddetto decreto "salva Ilva". Ma, assicura, «non mi sento nella posizione di chi ha vinto qualcosa, ma di chi è convinto del lavoro che ha fatto ed è disponibile al confronto con tutti quelli che hanno una valutazione diversa». Proprio per questo manda due precisi messaggi al "popolo inquinato" tarantino. «La decisione della Consulta non è un’amnistia. Sulle responsabilità deve andare avanti l’iniziativa della magistratura, accertandole in maniera completa e oggettiva. Io spero che si arrivi rapidamente al dibattimento sui danni ambientali e alla salute. E questo ci aiuterà a lavorare meglio». Il secondo riguarda proprio i primi effetti dell’applicazione dell’Aia (Autorizzazione integrata ambientale). «È già avvenuto un calo drastico dell’inquinamento atmosferico in particolare nel quartiere di Tamburi. Sono dati oggettivi, non estrapolazioni di chi vuole spiegare che tutto sta andando bene. Ma ora – ripete – il percorso di risanamento procederà in un modo molto più celere».Allora ministro davvero da oggi si deve lavorare?Non sono più ammissibili balletti di responsabilità e di competenze. La strada è segnata.Cosa tocca all’Ilva?Ora non ci sono più quegli elementi che potevano influire sulle decisioni di investimento dell’azienda, perché è evidente che nell’incertezza ha avuto qualche difficoltà a scegliere anche se devo dire che è andata avanti, non abbiamo rilevato atteggiamenti evasivi. Però è altrettanto vero che, se fossimo partiti senza incertezze, i risultati sarebbero ancora migliori. Ora le incertezze non ci sono più e il programma dell’Aia, coi necessari aggiustamenti, deve andare avanti.E le amministrazioni locali?La decisione della Consulta mette tutte le amministrazioni di fronte alla responsabilità di dare attuazione al risanamento. Questo è l’obiettivo. Le amministrazioni si sono invece concentrate sui dettagli, sulla pagliuzza. Ad esempio sui tempi. Ma quello che è importante, come dice la legge, non è il tempo ma l’operazione che si deve fare. Questa è una cosa che la decisione della Consulta risolve definitivamente perché nella legge è scritto da un lato che Ilva deve seguire in maniera puntuale le prescrizioni di Aia e dall’altra prevede che l’azienda possa chiedere modifiche non sostanziali alla tempistica.E come si fa a gestire questa situazione?Mettendo in rapporto collaborativo e dialettico le amministrazioni con l’impresa. Passare dallo scontro al confronto.Ma vogliamo dare uno scadenzario?Il tempo entro il quale tutte le operazioni previste da Aia devono essere concluse rimane sempre quello, 36 mesi. Non ci sono slittamenti, ma solo modifiche all’interno di questo periodo, che si motivano con la natura degli interventi che sono molto importanti. È un progetto che non è mai stato realizzato in Europa.Questa sentenza aiuterà anche ad affrontare altre criticità simili all’Ilva?Sicuramente, questo era il senso della legge. Le crisi industriali nelle aree dove persistono attività produttive ed emergono problematiche ambientali e sanitarie, si affrontano con l’obiettivo della compatibilità. Dove è possibile raggiungerla le crisi industriali si risolvono con la continuità produttiva, dove non è possibile bisognerà trovare soluzioni diverse.Ora però incombe il referendum consultivo. È preoccupato?È legittimo richiedere un referendum, però sarebbe stato meglio un confronto sereno senza che ci sia da una parte chi si ritiene vittima e dall’altra qualcuno che debba ritenersi colpevole. E il referendum non aiuta. Forse dopo la sentenza della Corte sarebbe stato utile una fase di decantazione per avere più tempo e più calma per affrontare i temi ancora aperti. Certo il referendum non modifica la legge, ma porrà sicuramente alle amministrazioni locali e alla regione delle problematiche nel caso in cui emergesse una volontà di chiusura dell’impianto. Io spero che alla fine prevalga nella popolazione una valutazione che, pur tra le preoccupazioni, confermi il rispetto della legge.
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