giovedì 19 dicembre 2019
Malgrado l’86% si dica contento di lavorare nel proprio ambito, in molti pensano al cambio, anche al costo di rinunce su tempo libero e flessibilità
Cambiare lavoro, ci pensano due italiani su tre
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Fine anno, tempo di bilanci e di buoni propositi per il futuro. Un pensiero tipico di questo periodo, che fa spesso il paio con un detto, altrettanto tipico: anno nuovo, vita nuova. Magari è proprio immersi in questa atmosfera che tanti italiani, il 67% circa, stanno pensando, più o meno seriamente, di cambiare settore lavorativo. A rivelarlo è un’indagine on line di Jobrapido, che ha indagato su bilanci e prospettive dei lavoratori italiani in diversi settori.

Un desiderio di novità che emerge nonostante la stragrande maggioranza (86%) dei circa 1500 che hanno partecipato alla survey si sia dichiarato contento del proprio settore lavorativo, con punte del 90% in settori come Amministrazione, finanza e controllo o Comunicazione & marketing. Un po’ a sorpresa, visto l’elevato livello di soddisfazione, sono proprio i lavoratori del settore Comunicazione & marketing quelli più propensi al cambiamento, con il 77% che dichiara di avere almeno preso in considerazione l’eventualità. A stimolare la voglia di nuovo sono soprattutto motivazioni economiche - quasi il 30% dei rispondenti lamenta infatti condizioni contrattuali poco vantaggiose nel proprio settore – o di carriera, con oltre il 22% che ritiene di lavorare in un settore non in linea con i propri obiettivi professionali. Guardando alla provenienza geografica, sono i lavoratori del sud i meno propensi ad avventurarsi in un nuovo settore (62% contro una media nazionale del 67%), mentre il desiderio di provare altri percorsi sembra crescere con l’età, partendo dal 54% dei 18-25enni e raggiungendo il picco con il 69% nella fascia 51-60 anni, per poi tornare a scendere negli over 60. Andamento simile si registra anche valutando la scolarizzazione dei rispondenti, con una propensione al cambiamento che cresce dal 63% di quanti hanno una licenza media per raggiungere il picco del 72% tra i laureati, per poi tornare a scendere in chi ha un titolo post-laurea.

Non emergono invece particolari settori più attrattivi per chi pensa di cambiare. Dalla frammentazione delle risposte affiorano però Gdo e Amministrazione, finanza e controllo, che attraggono entrambe l’8% dei rispondenti. Passando infine a esaminare quali impegni e sacrifici sarebbero disposti ad assumersi coloro che stanno considerando un nuovo settore, la prima vittima a essere sacrificata sull’altare del cambiamento appare essere il tempo libero, a parte del quale sarebbe disposto a rinunciare il 35% di chi pensa a una nuova carriera. Segue con il 20% la flessibilità e solo in ultimo, con meno del 15%, la disponibilità a guadagnare meno. Occorre anche dire che, a fronte di questi “volenterosi”, c’è un 30% che non sarebbe disponibile ad alcuna rinuncia per cambiare settore. Una percentuale non distante da quel 27% di rispondenti che, pur considerando di cambiare settore, non è in alcun modo disponibile a seguire corsi di aggiornamento per farlo. Una scarsa propensione alla formazione che pare confermata anche da quel 45% che sarebbe disponibile ad aggiornarsi solo a patto che sia una terza parte a pagare tutte le spese del corso (datore di lavoro, corsi finanziati da enti pubblici, etc.), mentre solo il 7% si è dichiarato pronto ad assumersi in pieno l’onere necessario.

«Non sono poche le aziende che guardano con interesse a talenti provenienti da altri settori. Spesso infatti questi portano con sé approcci e punti di vista nuovi, differenti, che possono essere fonte di valore e stimolo alla crescita, come anche servire a scardinare vecchi cliché che frenano l’innovazione - commenta Filippo Meraldi, vice president Marketing & Communication di Jobrapido -. In casi come questi si rivela particolarmente efficace la nostra Smart Intuition Technolog, che grazie all’uso combinato di tassonomia e Intelligenza Artificiale supera il concetto di ricerca per job title, restituendo tra i risultati anche le posizioni che richiedono competenze simili».



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