giovedì 6 febbraio 2020
Esercenti sul piede di guerra a causa di commissioni ritenute "insostenibili" e gare al ribasso per offrire questo servizio a circa tre milioni di lavoratori, di cui un milione di dipendenti pubblici
Un momento della conferenza stampa

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Un grido di allarme che risuona come un avvertimento. Lo lanciano le associazioni di categoria Fipe-Confcommercio, Federdistribuzione, Ancc Coop, Confesercenti, Fida e Ancd Conad: «Il sistema dei buoni pasto è al collasso e se non ci sarà un’inversione di rotta immediata, quasi tre milioni di dipendenti pubblici e privati potrebbero vedersi negata la possibilità di pagare il pranzo o la spesa con i ticket. Siamo arrivati a un punto limite di sopportazione, siamo pronti a smettere di prendere i buoni pasto senza una riforma». Le sei associazioni, per la prima volta riunite in un tavolo di lavoro congiunto, sono sul piede di guerra: senza correttivi urgenti, a partire dalla revisione del Codice degli appalti nella Pubblica amministrazione, la stagione dei buoni pasto potrebbe essere destinata a concludersi presto. «L’attuale sistema – spiega Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe-Confcommercio – genera una tassa occulta del 30% sul valore di ogni buono pasto a carico degli esercenti. In pratica, tra commissioni alle società emettitrici e oneri finanziari, i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali perdono 3mila euro ogni 10mila euro di buoni pasto incassati che accettano».

Siamo «da anni al fianco degli esercenti affinché la conformazione dei bandi di gara pubblici per la fornitura dei servizi sostitutivi di mensa al massimo ribasso venga rivista: deve essere premiata la qualità delle offerte e non soltanto il risparmio generato al bilancio dello Stato, come da troppo tempo accade ». Così Emmanuele Massagli, presidente di Anseb (Associazione nazionale società emettitrici buoni pasto), sottolineando che «il mercato del buono pasto è a oggi sano e in crescita, anche grazie alla nuova legge di Bilancio che sta dando un forte impulso alla diffusione dei buoni pasto digitali». Massagli fa notare che l’abbassamento della detrazione fiscale sul buono pasto cartaceo a quattro euro e l’innalzamento del valore defiscalizzato dei buoni pasto elettronici a otto euro rappresenta «una misura che riconosce ai lavoratori un incremento di 400 euro non tassati all’anno». Per tutelare tutti gli attori del sistema, Anseb propone di verificare la solidità degli emettitori, incrementare la trasparenza del mercato e istituire una commissione nazionale.

Intanto le associazioni avviano una causa contro la Consip «per aver sottovalutato le difficoltà finanziarie di Qui! Group», principale società fornitrice di buoni pasto alla Pa, andata in fallimento. «Consip era a conoscenza già agli inizi del 2017 delle difficoltà della società di rimborsare i buoni pasto», sostengono le associazioni, avviando «un’azione di responsabilità» nei suoi confronti «per omesso controllo ». Migliaia di piccole e grandi aziende della ristorazione e della distribuzione commerciale «si sono ritrovate con circa 200 milioni di euro di crediti molto difficili da riscuotere ».

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