sabato 14 maggio 2016
COMMENTA E CONDIVIDI
La Commissione Ue estende le indagini avviate a gennaio per gli aiuti di Stato BRUXELLES L’Ilva sempre più nel mirino di Bruxelles. Ieri infatti la Commissione Europea ha annunciato l’estensione delle indagini per possibili aiuti di Stato illegali annunciata il 20 gennaio. Bruxelles ha incorporato nell’indagine anche il prestito ponte da 300 milioni di euro deciso con un decreto varato dal governo a dicembre. «La Commissione – spiega una nota – vuole esaminare se questi aiuti aggiuntivi non diano all’Ilva un ingiusto vantaggio sui concorrenti, in violazione delle norme Ue sugli aiuti di Stato». In occasione del varo del decreto, l’allora ministro per lo Sviluppo economico Federica Guidi sottolineò che il prestito ponte «serve per accompagnare e sostenere l’accelerazione nella vendita che avverrà tramite una procedura ad evidenza pubblica entro il 30 giugno 2016», sottolineando che dovrà esser poi restituito da chi compra. I 300 milioni si aggiungono agli 800 già contenuti nella legge di stabilità sempre per l’Ilva. Per Bruxelles, tuttavia, l’intera vi- cenda non è affatto chiara, nonostante le assicurazioni del governo che ogni denaro arrivato tramite lo Stato dovrà essere restituito. Già a gennaio l’esecutivo Ue aveva detto di voler approfondire la vicenda di circa due miliardi di euro previsti dal piano iniziale del governo per risanare e poi rivendere il colosso siderurgico. Si tratta di 1,2 miliardi di euro di fondi della famiglia Riva, bloccati poi però dalla magistratura svizzera, 156 milioni di euro della società di Stato Fintecna, più un prestito ponte da 400 milioni di euro a condizioni eccezionali (si attribuisce ai prestiti all’Ilva la priorità assoluta di pagamento, anche rispetto ai debiti verso enti pubblici), e un fondo per il rilancio industriale mai partito. Ieri il successore della Guidi, il neo ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda, ha spiegato che la decisione annunciata ieri da Bruxelles «era attesa da tempo. La cosa importante è che non ha un’influenza sul processo di vendita» dell’Ilva, che deve andare in porto entro giugno. Calenda ha aggiunto che «era già scritto nel bando (per la vendita di Ilva n.d.r.) che quell’ammontare di risorse sarebbe stato oggetto di un ritorno. Per cui non ha un peso da nessun punto di vista tranne che per l’infrazione stessa ». L’Ilva peraltro ha procurato all’Italia, rispettivamente nel 2013 e 2014, anche procedure d’infrazione per violazione delle norme ambientali e sulle emissioni industriali Ue. La Commissione precisa in proposito che «né la decisione di gennaio, né quella odierna impediscono all’Italia di attuare misure urgenti per purificare e contenere la contaminazione esistente al sito dell’Ilva e nelle aree circostanti, né di migliorare la salute pubblica nell’area di Taranto». Unica condizione: i soldi spesi a questo scopo «andranno recuperati da chi è responsabile dell’inquinamento». © RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: