Crescono in Italia le imprese sociali: sono infatti più di 13mila unità e danno lavoro a quasi 400mila persone (il 3,3% del totale dei dipendenti dell'economia privata extra-agricola). Si tratta, nella gran parte dei casi, di cooperative sociali, realtà che alla fine di settembre di quest'anno contava uno stock di 11.808 aziende iscritte al Registro imprese, in lievissima flessione rispetto allo stesso dato del 2010, ma cresciute in sei anni del 57,7% (erano 7.489 nel 2005). Emerge dai dati Unioncamere, presentati a Bertinoro dal segretario generale,
Claudio Gagliardi, in apertura dell'XI edizione delle Giornate di Bertinoro per l'economia civile, promossa dall'Aiccon, Associazione italiana per la promozione della cultura della cooperazione e del non profit, e in svolgimento fino a sabato. «La crisi economica - ha detto Gagliardi - sta colpendo e trasformando profondamente le società dei Paesi occidentali e pone l'impresa sociale davanti a sfide inedite, sfide manageriali e, probabilmente, sfide di diversificazione. Si aprono nuovi spazi per operare non solo nell'assistenza e nei servizi alla persona, ma anche nella cultura, nel turismo, nella promozione del territorio. Per affrontare queste sfide, è necessario un supplemento di imprenditorialità, indispensabile per collocarsi in uno scenario nuovo, in cui necessariamente si dovrà fare meno affidamento sulla dipendenza dal settore pubblico, le cui risorse saranno sempre più ridotte, mentre crescerà la domanda di servizi e beni a forte contenuto sociale e civile». Il perdurare della crisi, però, e gli effetti combinati delle politiche pubbliche di risposta basate sul contenimento della spesa pubblica, hanno inevitabilmente avuto un impatto negativo sulla capacità delle imprese sociali di creare valore, sviluppare innovazione e sostenere l'occupazione. Guardando ai risultati economici, rileva ancora Unioncamere, nel 2010 le imprese sociali che hanno dichiarato un aumento annuale del fatturato sono state molto meno rispetto a quanto segnalato l'anno precedente (33% contro 49%), con una concentrazione maggiore nelle regioni meridionali. Le difficoltà economiche delle imprese sociali si riflettono anche sulla stessa capacità innovativa: nel 2010, le imprese che hanno realizzato innovazioni di prodotto o servizio sono risultate appena la metà rispetto all'anno precedente (in media il 12% contro il 23% del 2009), con le regioni meridionali ferme a un poco esaltante 9,4%. Il rallentamento dell'espansione del settore no-profit ha un riscontro anche nell'occupazione. Pur continuando a creare nuovi posti di lavoro in controtendenza rispetto al complesso dell'economia (2.610 il saldo positivo tra entrate e uscite nel 2011), secondo il Sistema Informativo Excelsior, il fabbisogno occupazionale delle imprese sociali quest'anno è risultato inferiore di quasi un punto percentuale rispetto al 2010 (40.870 le assunzioni non stagionali previste nell'anno in corso, contro le 41.200 dell'anno passato). In termini relativi, fatta eccezione per il disastroso 2009, il pur positivo +0,7% di quest'anno rappresenta il risultato meno brillante della recente storia: dal +1% del 2010 al +1,9% del 2008, passando per il +1,5% del 2007.