domenica 8 marzo 2009
Il presidente del Consiglio conferma le misure straordinarie per l'abitazione: «Nessuno spazio agli abusi». Governo in pressing sulle banche. Bossi: niente soldi a chi non aiuta imprese e famiglie.
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Pressing del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, e di quello delle Riforme, Umberto Bossi, sulle ban­che. E nel giorno in cui il presidente della Repubblica mette in guardia dalla crisi fi­nanziaria ed economica, che «dà segni piut­tosto di ulteriore aggravamento che non di allentamento», resta accesa la polemica tra gli schieramenti. Al leader del Pd, Dario Fran­ceschini, che lo ha accusato di nascondere la crisi e che ieri ha aperto un nuovo fronte con la proposta di una moratoria sui licen­ziamenti dei precari pubblici, il premier Sil­vio Berlusconi, nel corso di una passeggiata di acquisti a Roma, ha risposto un basta con «i catastrofisti e i profeti di sciagura», perché per uscire dalla crisi «bisogna essere ottimi­sti », e quindi «con il pessimismo si fa sol­tanto il male dei cittadini». «Sono venuto a fare una ricognizione», ha riferito, e «ho vi­sto che c’è tanta gente che acquista e i ne­gozianti che ho interrogato non si lamenta­no ed anzi dicono che le cose funzionano più o meno come l’anno scorso». Il premier ha confermato che venerdì il governo varerà un piano per l’edilizia che avrà «effetti straor­dinari », ma «non permetterà abusi» e ha con­cluso invitando «coloro che lanciano que­ste grida di sciagura, da fine del mondo» a mettersi «la mano sulla coscienza e dire: ma cosa ci guadagno? Faccio il male mio e di tutti i miei concittadini». «L’articolo 47 della Costituzione è in questo momento il più importante», ha detto Tre­monti nel suo intervento ad un convegno milanese sulle piccole e medie imprese, ci­tando quella parte dell’articolo nella quale si afferma che lo Stato incoraggia e tutela il risparmio, «disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». «Non pretendiamo – ha aggiunto – che le banche smettano di fa­re le banche, ma devono fare qualcosa in più e pensiamo che sia fattibile con i nuovi stru­menti». Per il ministro si devono salvare le famiglie, il lavoro, le imprese e la parte buo­na delle banche. «Ma non possiamo salvare i banchieri falliti – ha avvertito – anche se è quello che si tenta di fare in troppe parti del mondo». Le banche dovrebbero agire con la saggezza del «bonus pater familias», ma Tre­monti ha osservato che «troppe volte in ban­ca si è pensato più al bonus che alle famiglie». «Se non si danno i soldi alle imprese è inu­tile aiutare le banche», aveva esordito Bossi al margine del medesimo convegno. Il lea­der della Lega è d’accordo «a nazionalizza­re le banche, se questo significa dare o rida­re quello che è stato preso prima». Secondo il ministro delle Riforme «prima c’erano le Casse di risparmio, grandi banche svuotate dalla caduta della Dc e dei Socialisti che han­no creato le Fondazioni». Dunque «il siste­ma produttivo era sostenuto dalle grande Casse di risparmio ed è saltato tutto». Ora «serve un sistema di controllo legato al go­verno » che sia in grado di verificare l’effetti­va erogazione di credito alle imprese. È pre­visto infatti per mercoledì l’incontro tra il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, e i prefetti per l’istituzione degli osservatori per il controllo del credito. E sugli ammortizza­tori sociali, Tremonti ha assicurato che «i fi­nanziamenti sono giusti, ma se non basta­no troveremo altri soldi perché non voglia­mo lasciare indietro nessuno». A commento dell’ammonimento di Bossi al­le banche, il leader dell’Udc, Pier Ferdinan­do Casini, ha detto: «È quello che diciamo tutti da tempo», ma ha sottolineato che «le modalità previste nel decreto per le banche del ministro Tremonti non garantiscono l’af­flusso del credito alle piccole e me­die imprese. La vigilanza delle prefetture è inefficace e biso­gna avere strumenti più co­genti per garantire che i sol­di che il pubblico immet­te nelle banche, finiscano direttamente alle Pmi». «Appena faccio una proposta dicono che è demagogia, non dicono sì o no nel merito», ha lamentato il leader del Pd Franceschini, intervenendo all’assemblea dell’Associazio­ne 'A sinistra'. Dunque Berlusconi sarebbe «un 'signor no', continua a dire solo 'no' senza fare offerte di miglioramento». E quan­to affermato dal premier contro l’assegno a chi perde il lavoro (un incentivo al licenzia­mento ed al lavoro nero), secondo il segre­tario dei Democratici sarebbe un insulto «a piccoli imprenditori, artigiani e commer­cianti, a cui ha dato degli imbroglioni». Co­munque Franceschini ha lanciato una nuo­va proposta: « Una moratoria di un anno, quindi per la durata della crisi, bloccando i provvedimenti che porteranno, se non cor­retti, al licenziamento di 60 mila lavoratori del pubblico impiego e circa 40 mila della scuola». «La proposta di Franceschini sugli assegni ai precari? – ha insistito Piero Fassi­no –. Berlusconi dice no perché non ha idea dell’impatto della crisi sulla vita della gente. Tremonti? L’unica cosa che sa fare è presen­tarsi con il suo volto lugubre a dire che le co­se vanno male». Per il leader di Idv, Antonio Di Pietro, il premier «è inadeguato a gestire la crisi perché non ne ha preso coscienza, si è troppo arricchito, è troppo distante dalla gente». « Mentre il governo investe miliardi e mi­liardi per le infrastrutture creando lavoro, Franceschini, Di Pietro, Fassino, continua­no a insultare – ha replicato il capo­gruppo al Senato del Pdl, Maurizio Gasparri –. Sono dei falliti e sanno fare solo questo». Ed ha rincarato: «I terroristi dell’insulto che gui­dano l’opposizione la dirigono verso il baratro» .
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